«Fuggono in tanti e non possono lasciarci indifferenti»

Il tema dei migranti irrompe alla rassegna Confronto tra gli scrittori Catozzella e Leogrande

di STEFANO PIGNATARO

Un con. fronto di forte attualità quella che stasera alle 22,30 al largo Barbuti, a Salerno, nell’ambito di Salerno Letteratura vedrà protagonista gli scrittori Giuseppe Catozzella e Alessandro Leogrande, autori rispettivamente de “Il grande futuro” (Feltrinelli, 2016, pp. 390) e “La frontiera” (Feltrinelli, 2015, pp. 316). Il confronto che verterà sul tema dei migranti (particolarmente presente quest’anno al festival grazie alla partecipazione di diversi autori che se ne occupano), avrà come titolo “La tragedia e la speranza” e sarà moderato da Francesco De Core.

Due opere interessanti e fortunate quelle di Catozzella e Leogrande, costituite da una precisa volontà di raccontare la verità su territori vessati da numerosi conflitti di religione che molto spesso l’Occidente giudica con troppa retorica e continua superficialità.

Il protagonista del libro di Catozzella è Amal, figlio di pescatori che stringe amicizia con il figlio del padrone del villaggio. Tra di loro nasce una forte amicizia che vivrà momenti difficili quando Amal dovrà arruolarsi.

“La frontiera”, il libro di Alessandro Leogrande, è un reportage di storia del problema dell’immigrazione analizzato dall’autore raccontando storie, esistenze tribolate, persone che nell’esodo hanno trovato la salvezza o la loro tomba. Giuseppe Catozzella, “Il grande futuro” trasmette il valore dell’amicizia in territori di odio e di morte. Come ha affrontato questo delicato confronto?

«Come il mio precedente libro “Non dirmi che hai paura”, ho cercato di fare mia nella scrittura la mia esperienza personale di ambasciatore dell’Onu. Amal è un personaggio reale; ho voluto diffondere la sua storia per far soffermare i lettori su cosa succede nei territori descritti nel libro, episodi che troppo spesso i mass media occidentali licenziano con poche parole e giudizi molto disordinati fra loro. Amal è un guerriero che medita molto prima di arruolarsi, fino a che dentro di sè l’Islam non lo spinge a farlo. Da quel momento dovrà comprendere che destino gli aspetta».

Con il suo libro ha dunque voluto rimarcare con maggiore influenza il problema dell’immigrazione.

«Certamente. Un numero elevatissimo come 65 milioni di persone che sono costrette a scappare perché le loro zone e le loro famiglie sono martoriate dalla guerra, è un dato che non può lasciarci indifferente. Il mio obbiettivo è cercare di delineare anche l’interiorità di questi protagonisti che da migranti diventano guerrieri: il protagonista di “Non dirmi che hai paura” è un migrante, quello de “Il grande futuro”, è un guerriero».

Ha qualche preciso modello letterario al quale si ispira?

«Sì e no. Personalmente credo che molta dell’ispirazione per tutti i miei romanzi me l’abbia data la grande tradizione islamica, non solo “Le mille e una notte”, ma anche tutti i libri sacri. La lingua di quei posti è una leggenda vera».

Oggi il problema dei migranti è avvertito anche a Salerno. Sono decine i barconi che arrivano al porto e intere famiglie che vengono destinate a centri di accoglienza. Il suo pensiero sulle politiche di governo, il respingere o no potenziali terroristi, anche alla luce dei drammatici attentati che hanno sconvolto l’Europa, è mutato?

«No, non è cambiato. Dai recenti meeting europei o di governo sulla questione dell’immigrazione ci accorgiamo che il problema è alla radice. Occorrono, certo, concrete proposte di aiuto per questa gente bisognosa, ma occorre scalfire quella “religione del capitalismo” di cui già parlava Banjamin. Ci sono molti interessi in gioco in quei luoghi, dagli appalti al petrolio».

Lei è convinto che il problema sia anche culturale e non solo ideologico?

«Certamente. Si fa molta retorica sul problema, in tv e sui giornali. Bisogna capire che ognuno di questo migrante ha una storia difficile alle spalle». Nel corso di Salerno letteratura si confronterà con Alessandro Leogrande che, con il suo libro “La frontiera”, affronta temi molto simili a quelli trattati da lei. Quali sono i vostri punti in comune e quali gli argomenti su cui vi confronterete? Che confronto si aspetta?

«Conosco molto bene Alessandro Leogrande e il suo libro che reputo molto interessante e scritto molto bene. Non differiamo quasi in nulla, mentre abbiamo molti punti in comune. Entrambi conveniamo, ad esempio, che l’Occidente non sta finendo di pagare e forse non lo sconterà mai, il suo passato di colonialismo e di imperialismo che ha portato a diventare terre di conquistatori a terre di conquista».

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