Informazione e rete

Fake salernitane da sballo 

Il docente Riccio: «Non servono disegni di legge, ma un’educazione all’informazione»

SALERNO. “Arrivano i marziani! Vi parlo dall’Osservatorio del New Jersey... Esseri mostruosi stanno distruggendo con raggi luminosi campi e case... I morti sembra siano già più di cinquecento...”. 30 ottobre 1938: così parlò dai microfoni della rete radiofonica Cbs Orson Welles, trasformando le pagine di un romanzo di fantascienza, “ La guerra dei mondi” di H.G. Wells, in una clamorosa mistificazione mediatica. Ma di bufale, più o meno note, è piena la storia. Dalla donazione di Costantino alla Chiesa di Roma smascherata da Lorenzo Valla, al Louvre in fiamme, nel 1871, per mano delle petroleuses. E la faida Pd-Movimento 5 Stelle, a colpi di storture e reputazioni smagliate, è solo l’ultimo, enfatizzatissimo capitolo, di una saga antica quanto la storia dell’umanità. I social e la rete non ne sono padri, semmai hanno contribuito a diffondere l’antica arte della “bufala” con maggiore viralità, mettendo a dura prova sistemi di gatekeeping cognitivi sempre più sgangherati, stratificazioni culturali piuttosto evanescenti e un sano quanto banale buon senso. Ne ha avuto prova anche l’informazione locale, sempre più colorata da fantasiose invenzioni o ricostruzioni azzardate. Negli ultimi mesi, abbiamo letto on line di un ristorante per nudisti prossimo ad aprire i battenti in una zona imprecisata del centro; di un ladro sbranato durante un colpo, da un cane messo a guardia di una villetta di cui nessun esponente delle forze dell’ordine ha mai avuto traccia; di dieci milioni di euro abbandonati in un garage per chissà quale misterioso motivo; di tre furgoni sottratti da terroristi pronti ad attaccare la folla di Luci d’artista, su cui è in corso un’inchiesta della Procura che al momento non ha nulla a che vedere con il fondamentalismo islamico e i suoi derivati.
«Le fake news sono sempre esistite. E non sono associate alla rete, che ha solo contribuito a darne maggiore diffusione. Internet esiste da vent’anni, i social da dieci, non si capisce perché se ne parli solo ora», commenta Giovanni Maria Riccio, professore di Diritto della comunicazione presso l’Università degli studi di Salerno. Che invita a riflettere su due eventi che hanno spiazzato la stampa “tradizionale”: la Brexit e l’elezione di Donald Trump. «Il sistema classico dell’informazione è stato colto impreparato, perché il risultato è stato antitetico alle previsioni, generando uno spaesamento che ha minato un certo tipo di monopolio». Nel terremoto generale, con l’avanzare di Google e facebook nelle crepe aperte in un sistema in affanno, le fake news sono diventate il mostro da sbattere in prima pagina per giustificare cadute e fallimenti, oltre che il nemico da punire, subito con norme severissime. «Il disegno di legge Gambaro è inutile e presenta dei gravi profili di incostituzionalità», stigmatizza il docente. Sono diversi i punti che non convincono: «Si applica solo alla comunicazione on line, come se il cartaceo in blocco fosse contrassegnato da una patente di autorevolezza a prescindere. Salva in automatico i giornalisti, considerando come possibili produttori di fake news solo quelli che non lo sono, quando sappiamo benissimo che ci sono testate cartacee che producono continuamente fake news. Trova applicazione a prescindere dalla lesività dell’informazione, finendo così con il restringere la volontà di comunicare. È un progetto di legge propagandistico che asseconda la moda mediatica del momento. Ed è del tutto inutile, perché la repressione di determinate condotte, dalla turbativa dell’ordine pubblico alla diffamazione, passando per le campagne d’odio e la falsa informazione, è già prevista dalla legge». Il docente non nega che le fake news possano costituire un problema, «ma uno strumento del genere è assolutamente inefficace e si presta a tantissimi ricorsi. È una questione di educazione all’informazione e non giuridica. Quando da ragazzi leggevamo Cuore, sapevamo di avere tra le mani una pubblicazione satirica. Se oggi qualcuno legge Lercio e non lo comprende, è un problema di tipo culturale, che non si risolve elargendo patenti di attendibilità ad alcuni anziché ad altri, con il solo scopo di tutelare vecchi monopoli».
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