«Ecco le canzoni della mia vita»

De Crescenzo: «Amo quelle di E. A. Mario»

di PAOLO ROMANO

La ca. nzone napoletana, intesa come fonte di melodie ormai diventate classici senza tempo ma anche fucina di testi poetici cantati in tutto il mondo ed espressione ampia della cultura di un popolo. Si intitola “Ti voglio bene assai” - sottotitolo “Storia e filosofia della canzone napoletana (Mondadori 2015, pagg. 140, euro 17) l’ultimo libro di Luciano De Crescenzo.

Poetica l’idea di far nascere la canzone napoletana con il primo canto della sirena Partenope, come le è venuta?

Io sono nato a Santa Lucia, poco distante dall’isolotto di Megaride dove, secondo la leggenda, si sono posate le spoglie di Partenope. D’estate, quando faceva troppo caldo per dormire, le nostre madri ci radunavano in riva al mare e lì ci raccontavano la storia della Sirena. Ora, sarà stata colpa del caldo o del suono delle onde che si frangevano sugli scogli, ma a noi sembrava quasi di vederla la Sirena e di ascoltare il suo canto. Ecco, forse è in questo ricordo che ha preso un’idea che, a dir la verità, non mi sembra poi così improbabile. Per tanti anni la sua sveglia era una voce che cantava dal vivo davanti alla sua finestra… Ebbene sì, la canzone napoletana accompagna le mie giornate sin da quando ero bambino.Detto tra noi, non è che all’epoca mi facesse piacere essere svegliato dalla voce di Ninotto, il venditore di fiori...

Tra gli autori preferiti lei inserisce E.A. Mario che era nativo di Pellezzano, vicino a Salerno…

Non potevo dimenticarmene, anche perché E. A. Mario è autore di quella che mi piace definire un vero e proprio capolavoro di nostalgia: “Santa Lucia luntana”. Questa canzone è un omaggio agli emigranti diretti in America che affollavano le banchine della Stazione marittima di Napoli. Santa Lucia era l’ultimo scorcio della città che riuscivano a vedere e, in un certo senso, a salutare. In quell’addio c’era tutta la malinconia di chi non sa se riuscirà più a vedere la propria terra. Le strade di Napoli sono più teatrali o più canterine?

Non credo che una cosa escluda l’altra. Napoli è un enorme palcoscenico, e la sua voce che prende fiato tra i vicoli e le stradine che danno forma alla più bella scenografia che abbia mai visto.

La canzone classica napoletana è finita nel Novecento o continuerà a creare evergreen?

Credo che la canzone classica napoletana, almeno per come la intendo io, sia finita nella prima metà del Novecento. C’è un elemento che però l’accomuna a quella per così dire “contemporanea”: la canzone napoletana ha sempre raccontato e continua a raccontare l’amore.

La canzone più struggente? Probabilmente “Voce ‘e notte”. Credo che non ci sia nulla di più struggente della consapevolezza che la donna che ami è tra le braccia di un altro. Il testo più poetico?

“Era de maggio”. Ma sono di parte, è in assoluto la mia canzone preferita.

Quella che le mette più allegria?

“‘A tazza e café”, perché mette insieme due mie passioni: le donne e il caffè.

E’ vero che le canzoni napoletane, a differenza di altre, possono essere canticchiate anche da chi non ha una gran voce?

Certo! Prendi me, da sempre sono stonato, ciò non esclude che io mi metta a canticchiare ogniqualvolta ascolti una canzone che mi piace.

Cosa pensa della tradizione della posteggia?

Credo che sia una delle tradizioni che più di tutte caratterizzi Napoli.

Napoli è più Carmela o più Malafemmena?

Un po’ l’una un po’ l’altra… e come tutte le donne capaci di provocare grandi passioni, puoi non perdonarla, ma non puoi mai smettere di amarla.

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