L'INTERVISTA

Don Patrizio Coppola: «Videogame? Mezzo di cultura e li porto nella Città dei Templi»

Il 2 giugno a Capaccio va in scena il festival dedicato al mondo del multimediale

 

CAPACCIO PAESTUM - I videogiochi non sono il demonio. È così per don Patrizio Coppola, meglio conosciuto come “Padre Joystick”, proprio in virtù del suo grande impegno nella diffusione di una cultura positiva attorno al mondo dei videogame. Il sacerdote è anche promotore e responsabile del progetto Playmont che con il Festival Internazionale del Multimediale porta in scena il prossimo giovedì 2 giugno il mondo del videogioco, uno dei più potenti mezzi di comunicazione. L’evento si terrà nell’ex Tabacchificio di Capaccio Paestum e vedrà la partecipazione anche della star internazionale Ana Mena.

Don Patrizio, di cosa tratta il Festival?
È un festival dedicato al mondo dei videogiochi, nello specifico a quello dei videogame, visto non come demonio ma come parte che possa dare inclusione anche a coloro che hanno difficoltà a capire questo mondo. Sono sempre stato convinto che il videogioco sia uno strumento culturale che mette insieme diverse realtà giovanile che nonostante tutto riescono a incontrarsi in un mondo virtuale. Il videogioco è un momento di aggregazione.

Come nasce?
Nasce per far conoscere il mondo del videogioco. Nasce mettendo insieme le scuole, che attraverso dei percorsi, possano sviluppare dei piccoli videogiochi che verranno anche premiati. I temi sono i più disparati, dal bullismo alle dipendenze, dall’emarginazione alla povertà.

Perché la chiamano “Padre Joystick”?
È un nomignolo che mi diede il settimanale “Panorama”, perché “formo” i ragazzi attraverso un’università del videogioco; ho cercato e cerco di formare per farli entrare nel mondo del lavoro dalla porta principale. Il futuro è un gioco da ragazzi ma c’è bisogno di formarli.

Ma nei videogiochi ci sono anche aspetti negativi?
Certamente, come in tutte le realtà. Bisogna fare attenzione soprattutto con i ragazzi più giovani. A tal proposito dobbiamo fare in modo che le nostre famiglie abbiano una cultura digitale. Dobbiamo anche educare i genitori al mondo del videogioco.

Ci sarà Ana Mena. Come mai ha scelto lei?
Ho avuto l’onore di conoscerla. Le ho chiesto di poter essere presente e ha subito accettato. L’unica data per lei disponibile era il 2 giugno, per cui abbiamo spostato il festival dal 28 maggio al 2 giugno, per averla con noi. La cantante e attrice spagnola piace a grandi e giovani.

Immagina che questo Festival possa avvicinare anche gli adulti?
Mi auguro che le famiglie vengano a divertirsi e a giocare, per stare insieme in una giornata dedicata a un mondo che per tanti è ritenuto il male assoluto. Non è così. Prima del Covid l’Oms aveva ritenuto che il videogioco fosse un elemento negativo nello sviluppo dei ragazzi. Dopo il Covid invece ha detto che è stato uno strumento essenziale per aggregare i giovani, uno strumento di inclusione sociale. Non ero un pazzo 15 anni fa.

Ci saranno novità dopo il Festival?
Tra qualche mese mi auguro uscirà il primo step del catechismo della chiesa cattolica trasformato in videogioco.

Una curiosità, ma lei a cosa gioca?
Gioco a Fifa, ho la passione per il calcio ma mi rilasso anche giocando a Fortnite.

Marianna Vallone