Diecimila reperti nell’Antiquarium

L’archeologo Di Muro: «Rinvenuti pezzi in ceramica di rilevanza storica»

TUSCIANO. Diecimila frammenti di reperti archeologici, portati alla luce nelle campagne di scavi nella Grotta di San Michele, sono tornati ad Olevano.

Erano stati depositati al museo diocesano “San Matteo” di Salerno dalla Soprintendenza ai Bapsae. Sono i primi reperimenti archeologici della millenaria storia della Grotta che saranno esposti nel nascente Antiquarium comunale (via Roma, frazione Ariano).

Le preziose testimonianze antiche sull’importanza del santuario micaelico non saranno subito ammirabili dal pubblico.

L’Antiquarium è pronto sotto il profilo della sicurezza, ma manca di un progetto espositivo. Per vederli bisognerà avere la pazienza di attendere ancora del tempo.

Chi li conosce, li ha scoperti e studiati, li descrive straordinari. Uno di questi è l’archeologo Alessandro Di Muro, docente presso l’Università della Calabria. Insieme allo studioso medievalista Francesco La Manna hanno condotto cinque anni di scavi e riportato alla luce i reperti. Gli scavi effettuati in tre periodi, l’ultimo tra febbraio e marzo 2006, sono stati realizzati all’imboccatura della Grotta e nell’ultima delle sette cappelle.

Si tratta di reperti databili tra il IX secolo ed il X secolo. È questo il periodo di maggior splendore del santuario quando si registrano i passaggi di pellegrini dal Nord Europa. In particolare dalla Francia, come nel caso del monaco Bernardo, e dall’Inghilterra, come tal Roffrid, viaggiatore anglosassone che ha lasciato traccia, come hanno fatto gli altri viaggiatori, sotto l’abside dell’ultima delle sette cappelle.

La Grotta, infatti, era un centro di pellegrinaggio internazionale nell’Alto Medioevo e risulta tra le mete negli itinerari di Terrasanta. La campagna di scavi ha restituito, come già detto, qualcosa come diecimila frammenti ceramici. Ve ne sono alcuni - due in particolare - decorati a bande rosse graffite.

Sono stati riportati in superficie, inoltre, frammenti di ceramica a vetrina che facevano parte di una boccetta. E ancora pezzi di brocche con beccuccio tribolato.

Tra i reperti ceramici più interessanti vi sono tre acquamanili liturgici e un gruppo di anfore da trasporto a cannellures, forse vinarie, prodotte in Sicilia.

«Nel corso degli scavi abbiamo rinvenuto un ambiente, a pianta rettangolare, dove veniva buttato di tutto. Una sorta di discarica, un immondezzaio. Scoprirlo ha rappresentato una ricchezza inestimabile per l’indagine che abbiamo condotto nel santuario - spiega il professore Di Muro - Abbiamo trovato resti di cibo, quindi ricostruito i pasti dei pellegrini, e tutto ciò che si rompeva, soprattutto ceramiche, e diventava inutilizzabili».

Con i frammenti di vetro recuperati in fondo “all’immondezzaio” è stata ricostruita una coppa vitrea della quale vi è un pezzo gemello al museo di Poitiers, in Francia. «Dopo il ritrovamento inviai una foto via e-mail del reperto all’archeologo David Whitehouse (scomparso nel 2013, ndc.) che rimase estasiato - racconta Il professore Di Muro - Rispose con’esclamazione: Wow! Avete fatto una scoperta fantastica».

Rilevanti i ritrovamenti di strumenti musicali a fiato: quindici flauti in osso di tibia di capra. Interessante anche il rinvenimento di bacchette di tamburo per le percussioni, datati intorno al X secolo. «Abbiamo collegato il ritrovamento di questi strumenti al culto per l’Arcangelo Michele, - spiega il professore Di Muro - in relazione al piffero e al tamburo, suonati in abbinamento, che riprendendo una tradizione locale molto antica, accompagnano il santo in processione. Addirittura si pensa che in Grotta ci fosse una produzione di strumenti musicale ad osso che venissero dati ai pellegrini come una sorta di souvenir».

Oltre agli strumenti musicali, a fiato e a percussione, tra gli altri oggetti in osso c’è da registrare anche la presenza di una “noce di balestra”. Serviva per l’ancoraggio della corda tesa della balestra a staffa.

In alcuni punti si è scavato fino a quattro metri di profondità. Gli scavi hanno consentito la scoperta anche di resti di animali selvatici. «C’è stato il ritrovamento della carcassa di un asino, collocata intorno all’anno 1100», racconta Di Muro che della campagna di scavi è stato consulente della Soprintendenza. Rinvenute, infine, monete di epoca bizantina e punte di freccia.

Di particolare valore storico sono le scoperte fatte durante gli scavi sull’organizzazione del santuario micaelico e sul percorso penitenziale che facevano i pellegrini.

Di rilievo è il ritrovamento di un battistero, sembrerebbe sia l’unico in un santuario in Grotta, almeno in Italia. Si trova all’ingresso dell’antro, sulla destra.

Nelle venti cassette di plastica vi è una parte dell’eccezionale storia millenaria del santuario micaelico di Olevano che aspetta di essere scoperta dai “pellegrini” del ventunesimo secolo.

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