L'INTERVISTA

De Francesco: «Io, la costumista delle star»

Da Toni Servillo a Marco Risi, Ortensia ha vestito numerosi attori: con fantasia e creatività tutto può essere valorizzato

Ortensia De Francesco è stata definita la costumista delle star. Casertana di nascita, ha lavorato in tutto il mondo per il teatro, per la lirica ma soprattutto per il cinema ed è approdata nel Cilento al Liceo Classico “Parmenide” di Vallo della Lucania per il progetto “Cinema”. «Il costumista - afferma - non è un decoratore, ma colui che anima i personaggi, gli dà vita, costruisce la casa nella quale l’attore entra e se ne sta comodo ». Ha firmato i costumi di tutti gli spettacoli di Toni Servillo e per Marco Risi ha realizzato i costumi di “Fortapàsc”, il film che racconta la storia del giornalista napoletano Giancarlo Siani ucciso dalla camorra nel 1985. Ha vestito i personaggi del musical “Il flauto magico”, reinterpretato in chiave pop dalla straordinaria ensamble internazionale diretta da Mario Tronco “Orchestra di piazza Vittorio”. Racconta della vivace curiosità che fin da ragazzina l’ha caratterizzata: «Premetto che non vengo né dall’Accademia né dal Centro Sperimentale di Cinematografia. Tutto nasce da una passione interiore, da un forte spirito di osservazione, dalla fortuna di aver incontrato e frequentato nella mia città, un gruppo straordinario di ragazzi, Peppe e Toni Servillo, Eugenio Tescione, mio fratello che faceva già l’attore. Sono stata risucchiata letteralmente dalla loro passione per la recitazione e il teatro».

Quando è arrivato il suo primo lavoro importante?

Il primo lavoro vero è stato “Libera” con Pappi Corsicato, nato per gioco e che poi è andato a finire addirittura al Festival di Berlino dove ha avuto un grande successo, vincendo il “ Nastro d’argento” e segnando l’inizio della mia carriera.

La sua è una carriera di grandi collaborazioni, può annoverare incontri con numerosi registi e attori. Con chi è stato più complicato lavorare?

Difficilmente ho avuto difficoltà nella relazione con i registi. Generalmente studio molto il testo che mi viene offerto, addirittura me ne innamoro, così costruisco un rapporto forte con il regista, quasi d’amore. Solo in questo modo riesco a scavare a fondo e capire cosa realmente lui desidera tirare fuori da una storia, un personaggio. Con Toni Servillo ho un rapporto fortissimo, non solo di amicizia: è una persona molto affascinante, un maestro di vita, comunica continuamente la passione, la serietà, l’urgenza e la profondità per quello che fa. Ancora oggi, ogni volta che lui parla, imparo e ogni volta trovo che sia bellissimo. Con Marco Risi si è stabilita una grande intesa, come pure con Bentivoglio. Il carattere più difficile forse è quello di Sorrentino, ma anche con lui ho lavorato benissimo.

Lei ha vestito grandi star del cinema. Come, attraverso un abito, riesce a creare un personaggio che rimane indelebile nell’imaginario dello spettatore?

Tutti i personaggi di Toni Servillo sono straordinari e da lui interpretati magistralmente. Abbastanza complesso è stato immaginare Gorbaciof, il protagonista dell’omonimo film di Stefano Incerti. Bisognava trasformare Toni in un personaggio che appartenesse al mondo degli ultimi, della periferia, della solitudine e Toni invece ha una fisicità potente, dirompente. Così ho cominciato dalla faccia, con la trasformazione dei capelli, l’accentuazione delle sopracciglia. Dalla faccia poi, ho costruito tutto il personaggio, con un certo tipo di scarpe che gli facevano assumere una particolare andatura, con un abito studiato nei particolari per renderlo riconoscibile e indimenticabile. Immaginare cosa potesse esserci nel guardaroba di quel personaggio, me lo ha fatto risolvere abbastanza velocemente ma non banalmente e semplicemente.

Sappiamo che molto doloroso per lei e per tutta la troupe è stato realizzare il film di Marco Risi “Fortapàsc” sulla breve esistenza e la tragica fine di Giancarlo Siani. Si racconta che non si riusciva a girare la scena finale perché tutti affezionati al personaggio di Giancarlo.

Nessuno aveva il coraggio di assistere a quel momento poiché l’interpretazione era talmente vera che ormai eravamo tutti dentro la vita di Giancarlo, ce lo sentivamo fratello, amico, figlio, per cui era doloroso assistere a quella scena che ci avrebbe distaccato definitivamente da lui”. Ci racconti del suo incredibile estro nel creare costumi straordinari con poche risorse.

Come ha fatto a vestire in maniera strepitosa i personaggi de “Il flauto magico”?

I materiali per realizzare i costumi di questo film li ho reperiti proprio in Piazza Vittorio a Roma: stoffe, oggetti poveri, come filtri di lavandino, tappi, che ho lavorato come fossero oggetti preziosi. Con lo sguardo profondo sulle situazioni, sulle cose e le persone, con la fantasia e la creatività tutto può essere valorizzato e trasformato, basta tirare fuori l’anima dalle cose che non sono mai trasparenti. Attraversandole è possibile trovare l’orrore ma talvolta anche la bellezza.

Mariella Marchetti