«Così ho ucciso il cane nero della depressione»

Roberto Gervaso presenta al Museo archeologico provinciale il suo nuovo libro autobiografico

SALERNO. Roberto Gervaso, scrittore brillante e giornalista di lungo corso, nel suo ultimo libro racconta di come ha sconfitto il male oscuro, quella depressione che spesso colpisce con morsi implacabili. “Ho ucciso il cane nero”, si intitola il volume (Edizioni Mondadori) di Gervaso che verrà presentato oggi (alle ore 17) presso il Museo archeologico provinciale di Salerno, nell’ambito de “La scuola incontra gli scrittori 2015”.

Gervaso, perché questa metafora del cane nero?

«Fu Winston Churchill ad usare questa definizione per descrivere la sua lotta contro la depressione. Il cane nero perché è una specie di bestia rabbiosa che ti addenta le viscere e ti fa impazzire».

Peggio di un tumore?

«Peggio, davvero. Io avuto tante malattie, ho sperimentato tutti i dolori fisici, tranne il parto. Ho avuto un tumore alla prostata, due by pass, ma nulla è paragonabile alla depressione. La mia è durata 10 anni, in tre fasi. Sono stati dieci anni di angoscia”.

La depressione ha colpito tanti scrittori!

«Montanelli, Primo Levi, Hemingway, Cesare Pavese. Questi ultimi si suicidarono addirittura».

La depressione è un male contemporaneo o è rimasta sempre la stessa nei secoli?

«Sta dentro la storia, come un male che colpisce tutti: depressi erano re Saul, Van Gogh, Michelangelo, Dostoevskij, Carlo V”.

Lei racconta che uno dei sintomi è stato il disinteresse per gli amati libri…

«Nella mia vita ho avuto due grandi amori: i libri e le donne. Ad un certo punto non mi interessavano ne gli uni ne le altre. Libri da leggere o da scrivere, belle donne mi passavano accanto senza un’emozione».

Esiste un aspetto creativo, o comunque positivo, della depressione?

«Subentra dopo, quando dopo aver toccato il fondo ti senti rinato ed hai ripreso coscienza della bellezza della vita».

Il sottotitolo del libro – come ho sconfitto la depressione - è quasi un incoraggiamento a chi desidera uscirne?

«Certo, racconto come ho riconquistato la vita. Si guarisce sempre, basta affidarsi ad uno psichiatra ed utilizzare psicofarmaci giusti, alle giuste dosi, mai abusarne».

Il racconto della depressione è solo un pretesto, il suo libro è una vera e propria autobiografia?

«Direi di sì. Racconto dell’incontro con Indro Montanelli che è stato il mio maestro. Dal nostro sodalizio sono nati i libri della Storia d’Italia, con cui abbiamo venduto 18 milioni di copie. Parlo dei faccia a faccia con Kennedy, Arthur Miller, Rita Hayworth, Nilson, Borges».

Conosce Salerno?

«A Salerno, tanti anni fa prima di incontrare mia moglie, ho avuto un’amante che mi sorprese con i collant. La decadenza dell’Occidente è cominciata con la comparsa dei collant e la morte del reggicalze».

Paolo Romano

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