L'INTERVISTA

Corrado Bologna: «Vi racconto di Fellini, ma pure dell’Inferno»

Il filologo domani a “Salerno Letteratura” svela come il regista interpretava nei suoi film il pensiero di Dante e di Kafka

SALERNO - In tempi difficili e anomali come quelli attuali, in cui «ognuno pensa a salvare il proprio corpo», Corrado Bologna ci fa riscoprire la letteratura come «forma dell’esistenza e leggerezza contro il peso del vivere» e lo fa, su invito di “Salerno Letteratura” con una prolusione nell’atrio del Duomo - domani alle ore 19 - dal titolo “L’Inferno di Fellini, tra Dante e Kafka”. Bologna, tra i maggiori filologi romanzi del nostro tempo consegnerà agli spettatori salernitani una sua riflessione tracciando un percorso letterario e critico sull’interesse dimostrato da Federico Fellini riguardo la prima cantica dell’Inferno.

Professore, per la seconda volta ritorna al Festival Salerno Letteratura. Stavolta oggetto del Suo viaggio è un’esegesi di un Fellini poco noto al pubblico...
Ciò che più mi ha interessato di questa ricerca e di questo confronto che ho portato avanti è cercare, da filologo, di accostare e mettere in luce tutti gli elementi che vengono fuori da questo grande interesse del cineasta riminese per l’Inferno di Dante. Come ricordavo a Dario Zanelli, se “Maciste all’Inferno” di Brignone fu forse il suo primo ricordo in assoluto, è nella musicalità e nella visività del Poeta Vate che vi si ritrovava proprio perché Dante è “un poeta visivo”. Per il suo forte impatto emotivo, tutto il suo cinema può essere considerato una “discesa gli inferi”. Proprio su questa forte collimazione di immagini strettamente collegate all’inconscio dei personaggi vi è un continuo rimando infernale nella filmografia felliniana.

Con Dante lei accosta al regista anche l’opera di Kafka...
Fellini rimase affascinato dal modo di raccontare di Kafka, di come narrava il mistero indecifrabile delle cose, la loro impenetrabilità. Lo scrittore praghese divenne sicuramente un suo ispiratore. Anche di Kafka, Fellini, come ben confermava anche il suo biografo Costanzo Costantini, annotava la medesima interpretazione: uno scrittore puramente “visivo”. Ecco che tra L’inferno immaginario di Fellini, l’Inferno della Commedia e l’Inferno di Kafka si continuano a riscontrare molti aspetti comuni.

La concezione di “Inferno” però muta secondo le interpretazioni...
Noi discorriamo di un Inferno metafisico, il rivelarsi di un mondo che esce dalla sua ombra. Il visivo, inoltre, accompagnerà sempre Fellini. Lui tanto meditava sul visivo che credeva di non amare il cinema perché era troppo visivo. L’inferno di Fellini si colloca per una sua concezione etica e metafisica proprio tra Dante e Kafka per questa concezione. A tal proposito, interessante risulta l’opera di Gustav Janouch “Colloqui con Kafka”.

Vi è un altro cineasta che secondo lei, come Fellini, ha trattato nella sua opera la concezione onirica ed esistenziale dell’Inferno?
Sicuramente Pier Paolo Pasolini, che fu collaboratore alla sceneggiatura di Fellini per “Le notti di Cabiria” nel 1956. Non si può trattare la concezione di Inferno in Pasolini senza non citare “La Divina Mimesis” perché insieme a “Ragazzi di vita” e “Le Ceneri di Gramsci” rappresentano non un viaggio tra i tormenti ma una sorta di purificazione provando empatia verso gli altri e attraverso essa dare loro voce.

Vi è un’opera su cui si soffermerà discorrendo di Inferno e di Federico Fellini?
“Il Viaggio di G. Mastorna”, il celeberrimo film non realizzato di Fellini con protagonista questo suonatore di violoncello che gira il mondo.

Stefano Pignataro