Contente, il poeta di Vatolla che ama scrivere in vernacolo

Le poesie di Stefano Contente nella terza raccolta pubblicata dal poeta di Vatolla. “Come pietre”, della Pubblisfera Edizioni, è il titolo dell’elegante volume che compendia l’orgoglio e la gioia di...

Le poesie di Stefano Contente nella terza raccolta pubblicata dal poeta di Vatolla. “Come pietre”, della Pubblisfera Edizioni, è il titolo dell’elegante volume che compendia l’orgoglio e la gioia di essere nato all’ombra del castello De Vargas nel quale, dal 1689 al 1695, Giambattista Vico fu precettore dei figli del marchese Rocca. Nel suo ultimo lavoro Contente, oltre ad offrire una sensazione granitica di attaccamento al suo paese ne riscopre e ne esalta quel dialetto che ha rappresentato per secoli, ed in parte lo rappresenta ancora, la lingua ufficiale del borgo appollaiato sulle pendici del colle che degrada dolcemente verso il mare della costa cilentana. Nzalata ca se parla, U’ vascio, U’ trappito, Verrà Natale, ‘A’ luna, Nu pensiero sono sole alcune delle poesie in vernacolo che raccontano e fanno rivivere sentimenti e trasporti diversamente relegati nel più profondo delle memorie che le generazioni attuali vogliono riscoprire ed assaporare. L’autore di struggenti enunciazioni sembra essere partito dalle rime quasi baciate di Dolce è, Filo spinato, Il volo dei gabbiani «che rendono bene la sensazione dell’omaggio misto ad una profonda dichiarazione d’amore verso quel centro abitato che, per scelta degli avi, fu localizzato ed incastonato in una natura incontaminata e prodiga di tante intime gioie».

Dopo le precedenti pubblicazioni “Scripta Manent” ed “Orlamari”, il poeta vatollese ha deciso di titolare la sua ultima raccolta “Come pietre”, proprio per dare il senso del forte e del granitico alla sensualità rurale dell’amato borgo che ha segnato e scandito i propri secoli di vita attraverso la durezza di quelle pietre con le quali è stata costruita e fortificata la sua esistenza e la sua storia. Ecco, allora, spuntare tra vicoli, arcate, slarghi panoramici mozzafiato, l’attaccamento ad una terra che è l’essenza dell’esistenza, la ragion d’essere di un modo di vivere all’ombra, anche, di una cultura che Vico assemblò ne “La Scienza Nuova”.

Stefano Contente lo ha fatto, invece, attraverso le rime di quel dialetto che fu amato anche dal filosofo napoletano. (p.c.)