Campagna, il dipinto “salvato” di de Matteis

L’opera, che risale al diciottesimo secolo, raffigura Maria Domenica martirizzata nel 303

di GERARDO PECCI

La cattedrale di Campagna conserva un dipinto del pittore cilentano Paolo de Matteis, l’opera risale circa al primo quindicennio del XVIII secolo e raffigura “S. Maria Domenica”, una santa locale, di Camaldoli, frazione di Campagna, martirizzata il 6 luglio 303, ai tempi dell’imperatore romano Diocleziano. E pensare che solo dieci anni dopo l’imperatore Costantino, con l’Editto di Milano (313 d.C.), concesse la libertà di culto ai cristiani e che successivamente, per volontà di Licinio, anche la moglie e la figlia di Diocleziano, cristiane, furono esiliate in Siria e lì giustiziate nel 315, subendo lo stesso tragico destino della giovane vergine e martire campagnese. Il dipinto, un imponente olio su tela (cm.220 x 150), si è fortunosamente salvato dal tragico terremoto del 23 novembre 1980. Fu messo al sicuro, con altre opere, da funzionari del ministero per i Beni Culturali e Ambientali nell’immediatezza dell’evento sismico. Ma esso fu genericamente attribuito a un anonimo artista operante nell’ ambito pittorico di Paolo de Matteis. Oggi, alla luce di recenti studi sull’artista cilentano, e di mostre che lo hanno visto protagonista con arricchimento anche del suo catalogo artistico, si può facilmente attribuire l’opera di Campagna alla sua diretta mano. Infatti, nella tela di Campagna vi si possono agevolmente notare più chiari elementi iconografici e stilistici che rimandano ai modi pittorici propri del linguaggio di Paolo de Matteis. L’opera del duomo di Campagna s’innesta sul filone delle opere d’arte di matrice religiosa di età barocca. La mano sinistra di S. Maria Domenica è sul cuore, la destra regge elegantemente la palma del martirio. Il suo sguardo è rapito verso il cielo, gli occhi stanno già avendo la visione di Dio e del Paradiso. Sono gesti che troviamo nella più vasta e variegata teatralità pittorica, e non solo, barocca, legata alle pratiche devozionali di decoro e di pietà cristiane dell’età della Controriforma. Anche in altre opere nella vicina Eboli, attribuibili alla mano del de Matteis, troviamo la stessa poetica dei gesti. In particolare essi sono rinvenibili nella figura di S. Teresa d’Avila, raffigurata nel dipinto con “Madonna del Carmelo e Santi” conservata nella chiesa di S. Marco, nel castello ebolitano, e nella “Santa Lucia con S. Bonaventura e Santa martire”, nella chiesa di S. Francesco.

L’asse geografico-culturale tra Campagna ed Eboli è dunque interessante e permette di apprezzare meglio la presenza di opere di Paolo de Matteis in queste due cittadine tra la fine del Seicento e il primo Settecento. Ciò testimonia il successo dell’artista in rapporto a una committenza religiosa sempre più esigente, che cercava l’uomo capace di realizzare immagini sacre in linea con la devozione pietistica cattolica, secondo i precetti suggeriti dal Concilio di Trento e sotto il controllo dei vari sinodi diocesani, che deliberavano spesso in materia di opere d’arte sacra. D’altra parte, si trattava di un pittore che aveva soggiornato in Francia, quindi era ben conosciuto e apprezzato. La qualità delle sue opere, piuttosto alta, non poteva che essere in linea con altre del proprio tempo e con i desideri della committenza.

Se si va nei particolari, si può agevolmente notare che l’artista era molto bravo nella resa pittorica e anatomica delle mani. Ciò è vero, ad esempio, nelle mani di S. Maria Domenica a Campagna come anche in quelle di S. Teresa d’Avila e di “S. Carlo Borromeo in adorazione del Crocifisso” a Eboli. Siamo di fronte a una vera e propria “cifra stilistica” che meglio contribuisce a farci comprendere, e apprezzare, l’arte di questo grande protagonista dell’arte pittorica tra la fine del Seicento e il primo Settecento. Non è cosa di poco conto.

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