Camera con vista sui limoni

Bernardo ricorda con nostalgia un albero e la sua vita matrimoniale che si è spezzata

di MARIANNA BASSI

E’ un. po’ di tempo che non faccio altro che pensare all’albero di limoni. E’ la prima immagine che mi appare davanti agli occhi appena mi sveglio, pochi attimi prima che riprenda coscienza, in quello stato di impalpabile benessere, vicino alla felicità, in cui siamo usciti dal sonno e non siamo ancora consapevoli di esserne usciti. Si tratta di un infinitesimo di secondo in cui mi sento protetto dal resto del mondo e le rogne quotidiane non hanno ancora preso forma di vita.

Ho imparato a riconoscere questo meraviglioso e brevissimo stato di incoscienza mattutino da poco. Quando ne sentivo parlare da Melania ero troppo preso dall’inguaribile voglia di sfilarmi dal letto per farci caso.

L’albero di limoni del nostro giardino era alto e robusto, con le foglie grandi come una mano adulta e sembrava sfiorare i vetri della camera da letto del villino bianco dove io e Melania abbiamo abitato prima di separaci. Non ricordo se fosse già lì quando abbiamo scelto quella casa, ho rimosso tante cose. La mente, quando vuole, frulla il passato con una velocità impressionante eppure è rimasta impressa nella mia memoria - e la memoria di quel momento mi sta inseguendo da giorni- la sensazione che provavamo quando, appena svegli, aprivamo la persiana per guardarlo. Riuscivamo a spingere le ante blu con un movimento delle mani armonioso e delicato, come se quelle ante fossero corde di violino. Ci univa il desiderio di rivedere la luce e quell’albero mentre la città era ancora immersa nel silenzio e potevamo sentire in lontananza il rumore del mare, immaginandoci progetti che non ci stancavamo mai di fare. E quanto ridevamo io e Melania. Ridevamo anche del mio nome, Bernardo, che trovava buffo - quando diceva buffo usava il tono timido di una bambina che confessa qualcosa che solo per lei è un peccato- ed era difficile per me intravedere qualche cruccio, forse, di tanto in tanto, visibile tra le piccole rughe attorno ai suoi grandi occhi scuri.

Poi ogni cosa è precipitata per una ragione che ancora non mi spiego, un flusso ininterrotto di tormenti ci ha trasformati e quando guardavo da solo l’albero di limoni fisso nella sua solida bellezza mi sembrava impossibile anche solo l’idea che la nostra vita, quella che gli passava ogni giorno davanti, stesse andando in pezzi.

Quando Melania ed io ci siamo separati non vedevamo l’ora di lasciare quella casa e credo che nessun di noi abbia pensato all’albero di limoni.

Le ante restavano chiuse per tutto il giorno come per contenere la nostra rabbia e quello che volevamo era fuori, lontano, molto lontano, dal nostro giardino, oltre il cancello, oltre le finestre, oltre l’albero dei limoni. Liberarsi l’uno dell’altro, in quel momento, è stato un sollievo che non ha lasciato spazio neanche ai rimorsi e ai rancori.

Negli anni a venire ho incontrato Melania qualche volta, mi mancava molto ma non gliel’ho mai detto. Ho il difetto di non riuscire ad essere sincero con il mio dolore, fingo di non interessarmene. Oggi mi sono svegliato con l’albero dei limoni in testa, la sua immagine mi insegue da quando ho riaperto gli occhi e non riesco a liberarmene. Ho preso l’auto per andare al lavoro e, senza neanche rendermene conto, con un gesto automatico e incontrollabile ho cambiato strada e ho guidato verso la nostra casa. Quella io cui vivevamo io e Melania. Erano anni che non percorrevo quel tratto di strada, ho fatto qualunque cosa per evitarlo.

L’albero dei limoni era ancora nel giardino, si intravedeva verde e luminoso dietro il cancello chiuso. Ho spento il motore e mi sono fermato nell’unico posto dove riuscivo a vedere bene i limoni ancora bagnati dalla pioggia della notte nonostante il cielo terso. Ho acceso una sigaretta e poi ancora un’altra, fumando come se aspirare tabacco dentro la mia auto, guardando quell’albero, fosse la mia unica ragione di vita.

Ha suonato un clacson, ma non mi sono mosso, volevo restare fermo lì, a qualunque costo. Sono balzato dall’auto con uno scatto così veloce da stordirmi solo quando ho visto Melania aggirarsi con aria furtiva attorno alla nostra casa. Sbirciava tra le inferriate, stava guardando l’albero di limoni.

Credo che abbia riconosciuto i miei passi, l’ho capito perché ha mosso le spalle con un movimento nervoso, come faceva tutte le volte in cui era in imbarazzo. Non ha spostato lo sguardo, io mi sono avvicinato e le ho accarezzato finalmente i capelli, guardando lo stesso punto dell’albero su cui erano rivolti i suoi occhi.

Ho sentito qualcuno aprire le ante della finestra da cui la mattina io e Melania guardavamo l’albero di limoni.

Credo anche che qualcuno abbia suonato il clacson della mia auto. Forse dietro di noi è passato un uomo che faceva jogging. Le cose continuavano a muoversi, noi no.

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