L'INTERVISTA

Bollani: «Ogni nota apre il cuore non il cervello»

Il pianista ad Acciaroli: con “Piano Solo” dimostro che la musica è metafora dell’anima, ho imparato dalla gioiosità dei brasiliani

Le sue dita corrono agili ed eleganti sulla tastiera del pianoforte, veloci, più dei suoi pensieri. La sua musica è surreale, catartica, a tratti irriverente, libera, mai banale. Definire Stefano Bollani un pianista jazz è riduttivo. Istrionico, fantasioso, divertente, bizzarro, mai scontato, con la straordinaria capacità di destreggiarsi con infinita maestria tra il genere classico e quello napoletano, passando per la musica tradizionale brasiliana, come soltanto le personalità dalle mille sfaccettature saprebbero fare. Bollani ci ha abituati all’imprevedibilità, ad una imperscrutabile improvvisazione, i suoi concerti sono contenitori di idee, rappresentano un mondo trasversale, che rievoca immagini che emergono grazie a melodie mutevoli e affabulatrici. Musicista, scrittore, jazzista, eclettico intrattenitore, è l’artista amato in Italia e all’estero. È il musicista colto, dall’anima leggera che sostiene che la musica è l’arte dell’ascolto e acquista un senso se crea vita dentro di noi. Bollani suonerà domenica all’Arena del Mare di Acciaroli, dove presenterà “Piano solo”, nel contesto della settima edizione di “Viviamo-Cilento”.

Facciamo qualche passo indietro, quando è cominciata la sua passione per il pianoforte?

A sei anni volevo fare il cantante, ma ero ancora piccolo per studiare canto così i miei genitori decisero che il pianoforte sarebbe stato lo strumento adatto per accompagnare un giorno la mia voce. Non sono un fanatico del piano, qualsiasi strumento sarebbe andato bene per me perché sono innamorato della musica.

Conta di più l’esperienza o la passione per suonare questo meraviglioso strumento?

Per fortuna è più importante la passione, posso ascoltare un ragazzo di 13 anni che suona e commuovermi. La musica è una metafora, veicola dei messaggi che cambiano a seconda di ciò che si prova, e ognuno si emoziona come crede.

Esiste secondo lei una musica bella e una brutta?

Duke Ellington diceva che la musica si divide in bella e brutta. Io non saprei dire se è realmente così. In genere non mi piacciono le categorie, la musica è prima di tutto un linguaggio che deve appagarci. Se una musica risulta bella o brutta, dipende unicamente dalla capacità di comprensione di ognuno di noi.

Però la musica aiuta a sentirsi liberi, è stato così anche per lei?

Assolutamente sì, il vantaggio della musica è che appartiene ad un linguaggio universale che non deve essere tradotto. Arriva al cuore senza passare per il cervello e lo fa attraverso un canale privilegiato che ci indirizza verso il concetto più importante, quello della libertà.

È tornato in Brasile nel 2018 con un nuovo album, “Que bom” che contiene 16 brani creati da lei, che Paese ha ritrovato dopo tanto tempo?

Quando vado nei posti, ci sto il tempo necessario per registrare i pezzi. Ma la percezione che ho avuto e che ho del Brasile, è di un luogo dove la musica è in continuo fermento. I brasiliani sono gioiosi, hanno un rapporto fisico con la musica che appartiene a tutti.

Che alunno è stato durante il suo percorso scolastico?

Andavo sicuramente controcorrente. Potrei definirmi un “teppistello” culturale. Se mi dicevano di leggere un libro, ne leggevo automaticamente un altro solo perché mi interessava di più. Lo studio è necessario, ma un maestro non può precludere il resto del mondo.

Che consiglio darebbe Stefano Bollani ad un bambino che si avvicina alla musica?

Prima di tutto deve divertirsi altrimenti non è obbligatorio studiare musica. Quel bambino deve studiare ma allo stesso tempo deve approfondire ciò che gli piace.

Domenica sarà ad Acciaroli con “Piano solo”, un omaggio all’improvvisazione, ci può anticipare un prossimo progetto?

Il 22 luglio suonerò alle terme di Caracalla in un duetto con l’artista cubano Chuco Valdese e sarà l’anticipazione di un tour.

Maria Romana Del Mese