L'ANNIVERSARIO

Badia, il tramonto del potere: «Obbediamo al Santo Padre»

Cinquant’anni fa il cenobio cavese perse il controllo su numerose comunità locali

Cinquant’anni fa - per l’esattezza il 10 maggio del 1972 - dopo nove secoli, la diocesi della Badia di Cava subisce una radicale ristrutturazione. Le parrocchie che erano sotto la giurisdizione del cenobio cavese, infatti, vengono affidate ai vescovi del territorio dove erano ubicate geograficamente. Fu la Santa Sede a prendere questa decisione che tramite l’arcivescovo di Salerno dell’epoca, monsignor Gaetano Pollio, fu comunicata all’allora abate del monastero cavense dom Michele Marra che immediatamente convocò tutti i parroci delle varie comunità cristiane alla Badia di Cava per informarli di quanto deciso dalla Sacra Congregazione per i Vescovi. Le comunità di Agnone Cilento, Casal Velino, Castellabate, Marina di Casal Velino, Matonti, Ogliastro Marina, Perdifumo, San Mango, San Marco, Santa Barbara, Santa Lucia Cilento, Santa Maria di Castellabate, Serramezzana, Sant’Antonio al Lago confluirono nella diocesi di Vallo della Lucania il cui pastore era monsignor Biagio D’Agostino.

La parrocchia di Tramutola(l’unica fuori dalla Campania) passò alla diocesi di Potenza-Marsico Nuovo retta da monsignor Aurelio Sorrentino; le parrocchie di San Benedetto e San Pietro di Polla e di Pertosa entrarono a far parte dell’allora diocesi di Teggiano guidata da monsignor Umberto Luciano Altomare mentre quelle di San Giovanni Battista di Roccapiemonte, Santa Maria del Ponte e San Potito furono incorporate nella diocesi di Nocera-Sarno amministrata da monsignor Jolando Nuzzi.

Il provvedimento poneva così fine al potere religioso del cenobio cavese che esercitava da secoli in varie aree della provincia di Salerno. Terminava una lunga epoca storico-religiosa. L’abate di allora della abbazia benedettina cavese, dom Michele Marra, filosofo e storico ma soprattutto sacerdote che aveva emesso il voto di obbedienza senza batter ciglio accettò le decisioni che erano arrivate dalla Santa Sede - alla guidata da Papa Paolo VI - senza batter ciglio. «È necessario vedere, come in tutte le cose - così scrisse nella lettera di convocazione dei parroci alla abbazia cavese - come anche in questa le disposizioni della Divina Provvidenza e quindi accogliere quanto la Santa Sede ha stabilito con spirito di fede e con il dovuto e profondo ossequio. Così facendo noi ci manterremo nella linea di fedeltà e di filiale venerazione alla cattedra di Pietro che i nostri Santi Padri Cavensi tracciarono e che la Badia ha sempre seguito e ha conservato come l’eredità più preziosa».

«Abbiamo servito in questo campo pastorale la Santa Chiesa e le anime come meglio abbiamo potuto - continuava la missiva - Quanto di bene si è operato nel corso dei secoli è da ascriversi a Dio e all’intercessione dei Santi Padri Cavensi; le deficienze, invece, tutte e solo agli uomini. Per quanto riguarda il mio breve e modestissimo lavoro, lo affido alla misericordia di Dio e al vostro compatimento».

Don Felice Fierro parroco di San Marco di Castellabate venuto a mancare alcuni anni fa che era presente alla riunione dei parroci alla Badia ricorda nei suoi scritti che “l’inaspettata notizia ci coglieva di sorpresa sconvolgendoci fin nell’intimo dell’animo. Negli occhi di tutti i presenti brillavano lacrime di sconforto e di scoraggiamento. Un silenzio agghiacciante era piombato nella sala. Fu allora che la parola del padre abate dom Michele Marra si levò decisa per darci, quasi, un ultimo insegnamento: «Confratelli carissimi, in questo momento difficile e delicato dobbiamo dare testimonianza di disciplina e di obbedienza. Il Santo Padre ha parlato e noi dobbiamo ubbidire».

Francesco Romanelli