finalista al premio fabbri

Artista salernitana racconta in un video la vita nel carcere di Saint Gilles

di DAVIDE SPERANZA Una . salernitana è entrata nella finale del Premio Francesco Fabbri per le Arti Contemporanee. È Chiara Caterina, giovane esperta di linguaggi audiovisivi e fondatrice della...

di DAVIDE SPERANZA

Una . salernitana è entrata nella finale del Premio Francesco Fabbri per le Arti Contemporanee. È Chiara Caterina, giovane esperta di linguaggi audiovisivi e fondatrice della Fondazione Aurelio Petroni a San Cipriano Picentino. La quarta edizione del premio si tiene tra il 28 novembre e il 20 dicembre presso Villa Brandolini a Pieve di Solingo nel trevigiano. La manifestazione è oramai un punto di riferimento per operatori e pubblico che rivolgono la loro attenzione alle istanze di ricerca nell’arte contemporanea. Il Premio si articola in due sezioni: arte emergente e fotografia contemporanea. La prima è dedicata agli autori under 35: dalla pittura all’installazione, dalla fotografia alla videoarte, dalla performance e sound art fino al disegno e alla grafica. Chiara Caterina è finalista nella sezione arte emergente con il progetto “Avant la nuit”, un breve video sperimentale, girato a Bruxelles alla fine del 2013, che si pone come riflessione sullo stato di prigionia del carcere di Saint Gilles su sfondo urbano e sulla prospettiva dello sguardo in relazione alla dimensione del tempo durante il crepuscolo. «Suoni, numeri e voci si combinano in una dimensione astratta che lascia spazio all’immaginario» racconta Chiara Caterina. «Il suono, unico testimone percepibile di queste vite, traccia un confine fisico tra il dentro ed il fuori, il vicino ed il lontano. Un intenso sguardo attraverso la finestra ascoltando voci, cinguettii e rumori che salgono dal basso come evaporando, dopo un’intensa attività diurna. Immagine e suono raccontano una routine, che poi scopriamo essere la consuetudine quasi meccanica della prigione» conclude. “Avant la nuit” spicca per come conduce in breve tempo, e con stile rigoroso e minimale, in un’idea di abitudine del dramma, riuscendo a integrare la carcerazione nella dimensione del tutto attraverso un modo di riprendere e di muovere la camera misurato, in cui la messa a fuoco sulle foglie sembra cercare di distrarre per poi scoprire che natura e prigione sono in rapporto diretto e fanno parte di un’unica scena urbana.

Il corto, selezionato in numerosi festival europei sarà presentato a Bruxelles a dicembre al Festival Cinéma Méditerranéen.

©RIPRODUZIONE RISERVATA