L'INTERVISTA

Antonio Ferrara: «La cultura vero antidoto ai nuovi fascismi»

Al “Ghirelli” sarà presentato il libro che ricorda le aggressioni squadriste di cento anni fa: «Ancora attuali»

SALERNO - Un volume che ripercorre criticamente violenze e aggressioni squadriste come quella avvenuta al Municipio di Castellammare di Stabia il 20 gennaio 1921 in occasione dell’intitolazione della piazza antistante a Spartaco, in rimando al celebre gladiatore romano che si sacrificò per la liberazione degli schiavi. Lo si può leggere nel libro “Violenze e fascismi nel Napoletano” titolo firmato da Antonio Ferrara per la Francesco D’Amato Editore, sarà presentato oggi alle ore 18.30 presso il Teatro Ghirelli a Salerno. A discuterne con l’autore saranno: Alfonso Conte professore di Storia contemporanea presso Unisa e Ubaldo Baldi dell’Anpi Salerno . Coordina il giornalista Edoardo Scotti.

Antonio Ferrara, con quale metodo critico e storiografico ha affrontato questo lavoro?
Rifacendomi agli insegnamenti universitari sia di storici che di archivisti e paleografi, e affinando la mia consuetudine con la ricerca delle fonti e dei documenti, ho provato a coniugare la lettura dei materiali dell’Archivio di Stato di Napoli con l’esame dei materiali fotografici e i resoconti della stampa dell’epoca, incrociando testimonianze originali con la memorialistica. La nascita del fascismo e l’affermazione delle istanze dei socialisti e del movimento operaio ci raccontano di una società divisa e profondamente segnata dalla fine della Grande guerra. Il libro mi ha permesso di ridare voce a operai così come a dirigenti politici e sindacali di grande spessore. Se in Italia e a Roma ci fossero state più persone come quelle di cui scrivo, forse il fascismo non avrebbe avuto strada spianata.

Analizzando le fonti storiche, ritiene possibile un parallelo con l’emergere dei nuovi fascismi?
Ovviamente, la storia non si ripete. Certo, l’attacco neofascista alla sede della Cgil a Roma è un grave campanello di allarme, come lo è l’inchiesta della magistratura napoletana sui gruppi neonazisti che hanno base proprio nel Napoletano. Direi che l’Italia paga, a differenza della Germania, il fatto di non aver fatto ancora fino in fondo i conti con il fascismo e con la responsabilità che ha avuto nel panorama europeo per l’affermazione del nazifascismo. Penso che ci sia da fare un grande lavoro nelle scuole. La riposta al ritorno di simboli e suggestioni neofasciste è una sola: la cultura. E anche l’insegnamento e la conoscenza della storia.

Dalle sue ricerche si possono raccontare altri fatti di violenze squadriste registrate anche nel Salernitano?
Certamente. Quei fatti di cento anni fa ci dicono che in contesti fortemente industrializzati la speranza socialista così come la reazione animata da fascisti, agrari e conservatori è più forte. C’è una figura che lega Castellammare di Stabia con il Salernitano e con le lotte dei contadini della Piana del Sele: è Silvio Gava. Egli a Castellammare animava il Partito popolare, era giunto profugo da Vittorio Veneto, e fu nominato segretario generale dell’Unione del lavoro in provincia di Salerno. Alla guida del sindacato bianco, Gava incrociò una sorta di proto-fascismo che si concretizzava nelle angherie dei latifondisti verso i braccianti. Senza dimenticare le lotte operaie del tessile e del conserviero tra Salerno e l’agro nocerino: l’assalto alla Camera del Lavoro di Nocera Inferiore e la cacciata per pressioni fasciste del sindaco Giuseppe Vicedomini, uno dei pochi primi cittadini di sinistra eletto nell’autunno 1920 in Campania come avvenne appunto a Castellammare, Torre Annunziata e Ponticelli. In questa fase la pressione fascista è diretta su personaggi e situazioni simbolo delle organizzazioni operaie. Un filo rosso lega quindi Piazza Spartaco a Nocera Inferiore e alle lotte degli operai e dei contadini salernitani.

Stefano Pignataro