Antonicelli rivive negli scatti

Il reportage di Grattacaso sull’intellettuale che fu confinato ad Agropoli

di VITO PINTO

È un viaggio alla ricerca dell'invisibile quello che compie Gianni Grattacaso con la sua tecnica di ripresa stenopeica, un buco, «un tunnel - dice - che punti in una dimensione e non sai cosa succede». Un girovagare tra luoghi e appunti del passato a ricerca di emozioni; Grattacaso legge, osserva, interiorizza sentimenti di luoghi da sempre conosciuti, mai prima guardati con l'occhio del cercare il non visibile.

Ed è “Presenze”, dieci “incisioni” immediate, su oltre una quarantina, con pellicole polaroid, cercando Franco Antonicelli, letterato italiano, giunto ad Agropoli quale confinato politico, nell'estate del 1935.

Dieci “impressioni” scelte dai promotori italiani di “Italy, Scent of Beauty” a rappresentare l'Italia, insieme ad altri 45 fotografi, all'ExpoPhoto 2015 in Cina dal 19 ottobre prossimo al 6 novembre ad Hangzhon e a Lidshui nella provincia di Zhejiang.

E' un viaggio, quello di Grattacaso, lungo un itinerario appartenuto ad Antonicelli e inserito nel parco letterario di Agropoli, affiancatosi a quello di Sordevolo di Biella, dove è Villa Cernigliaro nella quale lo studioso si riuniva con altri uomini di cultura italiana, quali Leone Ginzburg, Norberto Bobbio, Cesare Pavese, Benedetto Croce ed Einaudi, per la “pratica della libertà”.

Il 15 maggio 1935 Franco Antonicelli veniva arrestato insieme a Carlo Levi e Cesare Pavese. L'accusa era di “aver esplicato una subdola azione di fiancheggiamento del movimento di Giustizia e Libertà e di aver frequentato ambienti dove notoriamente convenivano elementi avversi al regime”. Due mesi dopo fu condannato a tre anni di confino, ridotti poi a uno, da trascorrere ad Agropoli, dove giunse il 15 luglio 1935.

In quegli anni la cittadina alle porte del Cilento, era poco più di un paese; annota Antonicelli: «C'è dietro la casa l'orto col pozzo (non c'è altra acqua), i “cuofani” per il bucato, le padelle di conserva di pomidori, che cuoce al sole e spande il suo odore caldo, piante di limone e d'arancio e nespoli e melograni».

Un'esperienza amara, certamente, per il letterato confinato, ma che comunque rappresenta, quasi una dolce pausa, in un ritiro diverso e meditativo, in quel “pigro movimento”, come egli lo definì. Antonicelli gira alla ricerca di conoscenze: annota, disegna, fotografa luoghi, persone, cose e raccoglie dalla viva voce dei locali le filastrocche, le canzoni, le ninna-nanne tipiche cilentane.

Scrive nel diario: «Nel paese, lungo un'alta pittoresca scalinata, in ogni luogo vedi le donne, le bambine con la “muscitora” in bilico sul capo, uomini a gambe aperte sul sedere dei muletti, bimbi, numerosissimi e alcuni stupendi, mezzo nudi e sporchi che giocano e cantano… e vedo quella groppa di delfino che si incurva sul mare ed io la contemplo appoggiato a un tronco di fico che il vento ha fatto liscio e cinerino».

Ripercorre, il fotografo Gianni Grattacaso, quei luoghi e impressiona pellicole a sospensione d'anima. Dice: «la stenopeica mi è sembrato il sistema più adatto per andare a intercettare la presenza di Antonicelli». Poi, l'attimo dell'attesa prima di staccare la pellicola e la scoperta di ombre che diventano “Presenze”, sino a identificarsi nell'immagine del personaggio, seduto su uno scoglio, quasi in attesa di questo fotografo di un passato remoto. Soprappensiero dice: «Sono passati un bel po’ di anni da quando Antonicelli era su questa spiaggia, tra queste barche, tra i vicoli della città vecchia, ma ho sentito la sua presenza, la sua energia ancora palpitante in questi luoghi da lui frequentati».

«Quasi sotto la casa è la spiaggia con barche e paranze e il mare che m'entra dal balcone - annotava Antonicelli -. Si cammina un po’ e si trova il mare aperto, si scoprono le più deserte spiagge, le più selvagge solitudini e dentro uno scoglio una stranissima grotta, come una bocca di pesce, dove ci si stende al sole, o a cercar ombra».

Immagini di un passato ritrovato in un’altra dimensione dove il fotografo si fa coprotagonista vivo di una memoria da scoprire e fermare.

«Sono ancora incredulo per questa scelta per la Cina - dice Gianni Grattacaso - e mi sento molto gratificato, ma è anche uno sprone, un'ulteriore energia che mi invade e mi spinge a cercare altre cose invisibili alla maggioranza delle persone».

Già! fotografare l'invisibile… ancor prima della domanda giunge la risposta: «Se ti isoli in un metro quadrato e scatti le prime immagini visibili, succede poi qualcosa che ti svela ciò che non hai visto al primo colpo d'occhio e cominci a vedere altro. E questo mi emoziona veramente!».

Si riguardano le dieci “impressioni” ed è quasi sequenza a rievocare.

«Non so se il letterato Franco Antonicelli è comparso subito e poi se ne è andato oppure è l'inverso. Certe cose a volte mi sono chiare anche dopo molto tempo», racconta il fotografo.

Nell'isola di meditazioni dove Grattacaso rincorre le sue immaginazioni, le sue emozioni, tra una lampada, un fondale e la camera oscura, tra pareti ricoperte da foto, immagini varie di visibile e invisibile, qualcosa (o qualcuno?) aleggia sospesa.

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