PASSEGGIATE NELLA STORIA

Altilio, cantò le nozze di Isabella D’Aragona

Il poeta e umanista di Caggiano fu classificato da Francesco De Sanctis al terzo posto nella famosa “Critica Letteraria”

Si respira aria di medioevo tra le stradine, i vicoli, le piazzette e le scalinate del centro storico di Caggiano, suggestivo borgo del Vallo di Diano, dove Longobardi e Normanni, Angioini e Aragonesi, monaci Bizantini e cavalieri Templari hanno lasciato tracce profonde e indelebili del loro passaggio e un patrimonio d’arte e di cultura da scoprire in ogni angolo dell’abitato. Ce ne offre una luminosa, affascinante testimonianza l’elegante, poderoso castello normanno dell’XI secolo, che si pone come un’insegna alla solennità del paesaggio, simbolo e protagonista, nel corso dei secoli, della vita dell’antico centro, gioiello architettonico riportato all’antico splendore grazie a un recente e accurato restauro. In questo raccolto angolo dell’ubertoso Vallo di Diano, in via Capolanzi, nacque, nel 1436, da umile e operosa famiglia l’umanista e poeta Gabriele Altilio. Avviato agli studi, mostrò ben presto viva intelligenza, ferrea volontà e grande sete di sapere, tanto che la famiglia Colunna, alla quale fu sempre legato per debito di riconoscenza, gli offrì la sua protezione e il suo aiuto concreto. In quei tempi calamitosi l’unica strada agevole e sicura per l’avvenire era la carriera ecclesiastica e Gabriele la abbracciò con entusiasmo e convinzione.

Della sua giovinezza si sa solo che fu consacrato sacerdote. È certo, però, che la sua fama di erudito, di latinista e di poeta geniale e ispirato varcò ben presto i confini della propria terra, fino a giungere a Napoli, alla Corte Aragonese, che lo volle fortemente al suo servizio. Nella città partenopea entrò a far parte della famosa Accademia di Giovanni Pontano, laureandosi poeta “magnis cum laudibus” e assunse il nome accademico di “Lucanus”. L’Accademia pontaniana godeva di una vastissima notorietà e di grande prestigio nella Penisola e fuori, tanto che insigni studiosi accorrevano da ogni parte d’Europa per partecipare alla vita culturale della grande città ai piedi del Vesuvio. Quell’Accademia diede agli Aragonesi grandi soddisfazioni e una gloria senza fine. Da essa trassero non solo i cortigiani, gli uomini politici, i capi militari e i diplomatici, ma anche letterati, storici, scrittori e poeti di grande fama. E Gabriele Altilio fu tra questi. Verso il 1465, infatti, ebbe il Priorato della Salina, titolo di grandissimo prestigio che gli fruttò molti benefici economici e una cospicua rendita annuale. Fu amico carissimo di tutti gli umanisti del tempo, dal Pontano al Sannazaro, al Cariteo e a tanti altri. Francesco De Sanctis, nella sua notissima “Critica Letteraria”, lo classifica terzo, dopo gli stessi Pontano e Sannazaro. Verso il 1475 Alfonso d’Aragona lo scelse a precettore del principe di Capua e dal 1482 al 1488 partecipò attivamente alla vita politica del Regno, compiendo, in qualità di diplomatico, numerose missioni a Roma, a Firenze e a Milano, ove la sua opera, preziosa e apprezzata, gli valse onori e riconoscimenti di enorme prestigio.

L’8 gennaio del 1493, con bolla pontificia “ad personam”, Alessandro VI lo nominò Vescovo della Diocesi di Policastro, tra le più importanti e vaste del Sud e, l’anno successivo, Ferrantino, duca di Calabria ed erede al trono, gli affidò la sua “Segreteria Politica”. Seguì fedelmente Ferrantino in Romagna, nel vano tentativo di bloccare l’avanzata verso il Sud del re di Francia Carlo VIII. Molti documenti dell’epoca portano la sua firma. Nel 1495, all’entrata di Carlo in Napoli, l’Altilio si ritirò nella quiete della sua sede vescovile di Policastro, affacciata sul Tirreno, dedicandosi agli studi teologici e all’attività pastorale. E qui morì di podagra nel 1501.

I più grandi umanisti lo piansero e Giovanni Pontano ne fece l’elogio funebre in una commovente elegia. Molte furono le opere poetiche scritte dall’Altilio, tutte in latino, la più famosa delle quali è l’epitalamio composto per le nozze di Isabella d’Aragona con l’infelice duca di Milano Gian Galeazzo Visconti. In esso il poeta esprime il meglio della sua arte e del suo ingegno: i versi sono di un’eleganza e di una purezza tale da non sfigurare di fronte ai grandi classici latini di Catullo, Orazio e Properzio. Hanno scritto di lui numerosi autori e biografi del passato. Tra i contemporanei da apprezzare Fausto Nicolini nel “Dizionario biografico degli italiani - Gabriele Altilio” (Volume 2, Roma, Istituto dell’Enciclopedia Italiana, 1960) ed Emlio La Greca, studioso e scrittore cilentano, in una pregevole monografia dal titolo “Gabriele Altilio, elegantisisimus poeta” pubblicata nel 2009.