PASSEGGIATE NELLA STORIA

Alfonso Balzico, lo scultore della Real Casa

Le opere dell’artista di Cava de’ Tirreni furono molto apprezzate dal sovrano Vittorio Emanuele II che lo chiamò a corte

Tra gli uomini dal “multiforme ingegno” che, con il loro talento e la loro opera, hanno dato lustro alla natìa Cava de’ Tirreni nel campo della letteratura, della politica, della religione, dell’arte e dello sport, Alfonso Balzico - scultore, pittore e disegnatore - occupa un posto di particolare rilievo. Nato da modesta famiglia il 18 ottobre del 1825 e divenuto presto orfano di entrambi i genitori, dovette affrontare la vita e gli studi tra enormi difficoltà, soprattutto di natura economica. Dotato di vivissima intelligenza e di ammirevole volontà, dimostrò, fin dall’adolescenza, una straordinaria facilità nel disegno e una naturale, spontanea tendenza a modellare piccole figure per presepio.

Questa sua innata bravura, unita a un lodevole spirito di sacrificio e a un forte desiderio di affermarsi, gli permisero di farsi notare e apprezzare dal giudice regio Francesco De Stefano, con il cui generoso aiuto ottenne un sussidio dal Comune e l’ammissione, nel marzo 1844, all’Accademia di Belle Arti di Napoli, dove studiò seguendo gli insegnamenti di Tito Angelini, noto scultore neoclassico napoletano e personalità di rilievo nel mondo artistico del tempo. Non tardò a mettersi in mostra e nel 1852 riuscì a vincere il concorso per il pensionato regio di Roma, con la realizzazione di un bassorilievo rappresentante “La liberazione di san Pietro” (Napoli, Accademia di Belle Arti). Dopo i sei anni del pensionato, tra il 1858 e il 1860, viaggiò per l’Italia al fine di approfondire le sue conoscenze artistiche, soggiornando a Roma, a Milano e a Firenze. In tale periodo entrò in contatto con i migliori artisti del momento: Vincenzo Vela, Francesco Hayez e Massimo D’Azeglio, personalità che influenzarono il suo stile allontanandolo dal manierato Neoclassicismo iniziale (testimoniato dal monumento funebre dell’arcivescovo Paglia nel duomo di Salerno, 1854), attraverso un Realismo e un Verismo temperati da un profondo sentimento romantico.

Tornato a Napoli e aperto uno studio tutto suo, scolpì una serie di statuette, tra le quali “La Vendicatrice”, eseguita per diretto incarico di Vittorio Emaniele II, il quale, avuto modo di poter ammirare da vicino le opere del giovane scultore, era stato colpito e affascinato dalla singolare bellezza di quelle creazioni. Una testimonianza di grande stima da parte del sovrano che venne confermata da una chiamata a Torino. Bandito, in occasione del plebiscito, un concorso per una scultura che simboleggiasse l’idea dell’unità nazionale, Alfonso Balzico partecipò con un gruppo rappresentante un bersagliere piemontese e uno “scugnizzo” napoletano affiancati. L’opera riscosse un grande successo anche se non ottenne il primo premio. Nel 1860 il Principe di Carignano lo invitò a Torino e il re lo nominò scultore della Real Casa, per la quale eseguì numerosi busti di personaggi illustri. L’esperienza tecnica, la sicurezza nel modellato e i numerosi studi di scultura equestre eseguiti in quegli anni, gli valsero la commissione per il monumento equestre del fratello del re, Ferdinando di Savoia, Duca di Genova, considerato il suo capolavoro, e il monumento a Massimo D’Azeglio. Nel 1875 si stabilì a Roma, seguendo il re nel trasferimento della capitale, dove eseguì il monumento a Vincenzo Bellini (posto poi nella omonima piazza di Napoli) e dove partecipò, senza vincere, al concorso del 1888 per la realizzazione del monumento al re Vittorio Emanuele II per la città di Napoli. Il vincitore del concorso, lo scultore fiorentino Emilio Franceschi, designato a eseguire l’opera, morì improvvisamente il 2 giugno 1890 e il Municipio incaricò Balzico per la realizzazione della statua equestre inaugurata nel 1897.

Nel 1900 vinse la medaglia d’oro all’Esposizione Universale di Parigi con il monumento a Flavio Gioia, poi acquistato dalla città di Amalfi, realizzato in occasione dell’anniversario della scoperta dell’America e che rappresenta l’immaginario personaggio al quale la tradizione ha voluto attribuire l’invenzione della bussola. La scelta dalla commissione non venne condivisa dello scultore, il quale avrebbe preferito partecipare con la Cleopatra (1900), modellata secondo un gusto ormai sorpassato, curatissima ma piuttosto fredda (oggi alla Galleria Nazionale d’Arte Moderna a Roma). Balzico morì a Roma il 3 febbraio del 1901. Sei anni dopo la sua scomparsa, nel 1907, con una cerimonia che vide la partecipazione di eminenti artisti e la presenza straordinaria della regina Margherita, venne inaugurato, nella capitale, il Museo “Alfonso Balzico”, con l’esposizione di 147 opere dell’artista cavese. Quando, nel 1917, gli eredi decisero di chiuderlo, donarono tutte le opere alla Galleria d’Arte Moderna e Contemporanea di Roma. Nel 1913 l’amministrazione comunale della città metelliana intitolò al suo illustre figlio l’allora Scuola Tecnica, poi Complementare ed Avviamento professionale di tipo Commerciale e oggi Istituto Comprensivo Statale. All’illustre scultore è stata dedicata una strada e posto un busto bronzeo a Palazzo di Città. Anche Salerno gli ha dedicato una strada.