Addio estate dell’eteroscatto

Selfie protagonisti delle vacanze: tanti post sui social ma poche emozioni

di CORRADO DE ROSA

Ora che Flegetonte ci ha dato appuntamento all'anno prossimo, che inizia il controesodo e che tutti abbiamo detto sospirando: "Agosto capo d'inverno", ora che le giornate iniziano ad accorciarsi è ora di consuntivi. La crisi, si sa, ha fatto danni irreparabili, ma nulla ha potuto contro le fotocamere degli smartphone e i loro servitori: i social network. Sono loro i protagonisti dell'estate. Non i resort da Laguna blu, non le baite nel cuore delle dolomiti. Gli smartphone, le applicazioni per ritoccare le fotografie e i tre moschettieri: Facebook, Instagram e Twitter.

L'approccio esistenziale alla questione della foto con telefonino cambia a seconda dell'orientamento dell'obiettivo. È il mondo di avanti e il mondo di dietro. O, se volete, quello dell'omo o dell'eteroscatto.

Quando il collezionista di attimi volge lo sguardo al prossimo, non fa in tempo a entrare in questo o quel museo, a emozionarsi per un tramonto mozzafiato o per un'alba memorabile che ha già postato il suo capolavoro. Questo tipo umano misura due o tre volte al giorno il suo coefficiente di pistolero dello scatto, che è inversamente proporzionale al tempo di reazione tra il momento in cui avvista un raro esemplare di animale e quello in cui controlla se la foto è in rete. Quando è proteso verso nuove mete, fotografa le nuvole e l'ala di un aereo. Se è alla ricerca di luoghi della memoria, riprende particolari, tipo un ramo di un albero o il frammento di un giardino, commentando criptico: "Ritorno alle origini". Ma così facendo si imbarca in un monologo interiore, perché nessuno può partecipare al suo nostalgico entusiasmo. Lo stesso accade per i viaggiatori che ci rendono estasiati di foto che riprendono scorci esotici, che se riguardano i Sassi di Matera, la Tour Eiffel o il Gran Canyon va bene, ma se stringono il primo piano senza commentare, o commentando con laconici: "bello", "meraviglioso" o "tra le mura della vecchia città", ci complicato la vita perché non è mai chiaro se si tratta del centro storico di Istanbul, Angri o San Giuseppe Jato. In caso di mal tempo, niente paura: il nostro eroe si ricicla implacabile in immortalatore di fulmini e saette. Quanto agli appassionati di se stessi, il discorso è delicato. Diciamocela tutta: siamo tutti peccatori, ma questi selfie non si possono vedere. Sono sfuocati, hanno quell'angolatura un po' cubista, ci danno l'aria da Quasimodo, il gobbo di Notredame, per il movimento innaturale che ci riprende dall'alto in basso e tendenzialmente con sguardi pseudo-ironici che vorrebbero dire: "Che mi state facendo fare!". Il selfie restituisce al mondo famiglie felicissime, abbronzature color testa di moro, copri spalla che Frida Kahlo a confronto era Rosy Bindi. Ci offre gambe che sembrano würstel con sullo sfondo il bagnasciuga, arditissimi bikini bridge e istmi dei trikini - quel pezzo assolutamente inutile che collega gli slip al reggiseno dei costumi tanto in voga in questi giorni - onestamente brutti. La variante intellettuale del selfie da spiaggia prevede la pagina di un libro, che se uno si applica e cercare di capire di che libro si tratti, può avere sorprese che lasciano cicatrici permanenti, tipo: Fallo felice (edizione Biglia blu 2013, giuro). Oppure un'intimista Chiara Gamberale commentata con la solennità con cui si può recensire Kierkegaard.

Il selfie maschile è più difficile perché intrinsecamente più grottesco. Il palestrato mette in mostra i muscoli quasi en passant, quello sovrappeso si fotografa usando angolature che lo fanno sembrare magro oppure tira le guance in dentro per darsi un'aria più sfinata.

Il selfie culturale è unisex, è chiaro. Così come unisex sono quelli con figlio/a, quelli con sguardi penetranti rivolti all'orizzonte (meglio se sulla spiaggia e in orario pre-serale), con piedi che troppo spesso tradiscono un alluce valgo, con auguri di buon ferragosto, che da che mondo è mondo non si sono fatti mai. Un'ultima parola per i selfie di gruppo. Quelli fatti in auto prima di partire per raggiungere l'agognata meta, quelli con gli amici dell'estate, e quelli in pose plastiche abbracciati a qualche star incontrata per caso che vorrebbe fare tutto, fuorché quella fotografia. Insomma, è stata una bella estate e ci siamo scatenati come pazzi. Però l'anno prossimo, per favore, divertitevi invece di scattare compulsivamente foto.

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