Addio a Bauman, filosofo della società liquida

Grande intellettuale, a settembre aveva partecipato ad Assisi al pranzo della pace col papa

Zygmunt Bauman, uno dei più importanti sociologi e filosofi del ventesimo secondo, è scomparso ieri a Leeds, in Inghilterra, dove insegnava da anni, all’età di 91 anni. Noto soprattutto per la sua teoria sulla “società liquida”, riferita all’era della postmodernità globalizzata in contrapposizione a quella “solida” che l’aveva preceduta, Bauman era nato in Polonia da una famiglia ebrea nel 1925, aveva in precedenza sposato l’ideologia comunista dove essere scampato alla Shoah: in seguito, anche per via della propria esperienza di vita, Bauman si è speso anche contro ogni tipo di negazionismo. Bauman aveva ricevuto la laurea honoris causa in Lingue moderne, letterature e traduzione letteraria presso il complesso Ecotekne dell’Università del Salento. Per due volte ha partecipato al Festival dell’economia di Trento. Lo scorso settembre, è stato tra gli ospiti dell’incontro interreligioso per la pace organizzato dalla Comunità di Sant’Egidio e dai frati di Assisi. È stato tra coloro che erano seduti a tavola con il Papa, nel corso di quell’evento, nel cosiddetto “pranzo di pace”. Ad Assisi Bauman parlò della necessità del “dialogo” come la via per l’integrazione tra i popoli.

In uno dei suoi passaggi più celebri del saggio in cui spiega la sua teoria della modernità liquida, Bauman afferma che «le reti di legami umani, un tempo radure ben protette e isolate nella giungla , si trasformano in zone di frontiera in cui occorre ingaggiare interminabili scontri quotidiani per il riconoscimento. Complessivamente i rapporti cessano di essere ambiti di certezza, tranquillità e benessere spirituale, per diventare una fonte prolifica di ansie». In questo, secondo lo studioso polacco, ha influito proprio la globalizzazione, che oltre ad aver scardinato reti e classi sociali, «oscilla tra il togliere la sicurezza a chi è libero e offrire sicurezza sotto forma di illibertà». Un altro degli effetti contorti della globalizzazione, secondo Bauman, è quello che ha portato all’insorgere del terrorismo internazionale da una parte, e del fenomeno migratorio dall’altro: sulla seconda questione Bauman è stato sino all’ultimo giorno un predicatore dell’accoglienza. Per quanto riguarda la guerra al terrorismo, secondo il filosofo essa «non si conduce devastando ulteriormente le città e i villaggi semidistrutti dell’Iraq o dell’Afghanistan, ma cancellando i debiti dei Paesi poveri».

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