CINEMA

Ad Amalfi il mito di Quasimodo rivive in un “corto”

Da martedì il via alle riprese: protagonista il figlio Alessandro

AMALFI - Ad Amalfi rivive il mito di Salvatore Quasimodo. A cinquantatré anni dalla scomparsa del Premio Nobel, attraverso un cortometraggio saranno raccontati gli ultimi giorni dello scrittore che la mattina del 14 giugno del 1968 avvertì proprio ad Amalfi un malore che lo portò alla morte dopo poche ore. Martedì 15 giugno primo ciak nel cuore della cittadina che avrà come protagonista Alessandro, il figlio di Salvatore Quasimodo, che all’età di 81 anni rivivrà quei giorni nel corto dal titolo “Eden ritrovato”, per la regia di Biancamaria Savo, ideatrice del progetto cinematografico “All’Ombra dei Luoghi”, nato nel 2016 proprio con l’obiettivo di raccontare i luoghi più rappresentativi della cultura italiana.

I versi dell’opera “Elogio ad Amalfi” del letterato siciliano guideranno le immagini in una dimensione onirica. Nel 1966 il poeta, invitato dall’allora presidente dell’Azienda Autonoma di Soggiorno e Turismo, Giuseppe Liuccio, definì la ex repubblica marinara «il giardino che cerchiamo sempre e inutilmente dopo i luoghi perfetti dell’infanzia», come recita l’epigrafe da lui dettata e murata nella Porta della Marina. Il corto, è ambientato negli anni Sessanta, all’interno dello storico locale dell’antica pasticceria Pansa preferito da Quasimodo durante i suoi soggiorni. Tutto sarà curato nei minimi dettagli, a partire dagli abiti, riproduzioni fedeli di modelli dell’epoca. Salvatore Quasimodo era stato invitato ad Amalfi a presiedere la giuria del premio di poesia e alloggiava nella stanza numero 26 dell’albergo Cappuccini. Quel 14 giugno 1968, poco prima di mezzogiorno, fu colpito da un malore improvviso. Quella mattina, verso le dieci, la commissione si riunì nel refettorio dell’albergo, per decidere gli ultimi particolari del premio. Dopo che il verbale dei lavori era già stato firmato da tutti, Quasimodo, fattosi cupo, si alzò dicendo che lo aveva preso un forte mal di testa. Furono, quelli, i primi segni dell’ictus che avrebbe ucciso il premio Nobel di lì a qualche ora. La segretaria e compagna del poeta, Annamaria Angioletti, fece subito chiamare un medico.

Secondo il racconto di Piero Chiara lo scrittore si era reso conto della gravitò della situazione e all’arrivo del medico avrebbe pronunciato queste parole: «È inutile. Morirò prima. Questa è l’emorragia cerebrale». L’autodiagnosi e la consapevolezza di essere alla fine fu ripetuta più volte, con lucidità da Quasimodo, che ricordava i sintomi osservati nel suo amico, il pittore Renato Birolli, morto per un ictus nel 1959, lo stesso anno del Nobel per il poeta siciliano. A quell’ultimo soggiorno amalfitano era giunto già stanco, provato dal viaggio, dal caldo, dalla sua iperattività, in giro per il mondo, nonostante un precedente infarto avuto a Mosca dieci anni prima. Dopo la visita, il medico gli praticò un vano salasso, che procurò solo un sollievo momentaneo. In assenza di qualsiasi presidio ospedaliero in Costiera, il medico si vide costretto a telefonare all’ospedale Ruggi di Salerno per chiedere consiglio e aiuto al neurologo professor Canger. Quando, dopo due ore, il neurologo arrivò, Quasimodo era entrato già in coma. Il Premio Nobel fu trasportato attraverso le interminabili scale che scendono dall’albergo alla strada costiera. Era stata chiesta invano un’autoambulanza: una Fiat 1500 fu tutto quanto si poté trovare. Il tentativo di trasferimento però fu vano e Quasimodo morì a Napoli poche ore dopo.

Salvatore Serio