A San Mango tra fede e tradizione

Si rinnova il culto di San Magno, il martire che si rifugiò in una grotta e che protegge la popolazione

di NICOLA VITOLO

San Mango si prepara per i festeggiamenti religiosi e civili in onore del santo patrono. Quattro giorni intensi di festa da oggi fino a domenica 21 agosto per rinnovare il tributo di fede a San Magno, vescovo e martire. La devozione di San Mango Piemonte verso il vescovo di Trani martirizzato durante le persecuzioni di Decio nel 252 d.C., ha radici che si perdono nei secoli lontani. Di certo il culto di san Magno nell’antica Terra Sancti Magni et Pedemontis, primitiva denominazione del piccolo comune picentino, era già vivo nel XI secolo in quanto, come scrive lo storico Antonio Roma, la devozione locale ebbe in dono, in quel periodo, da San Pietro da Salerno (nato a Salerno nel 1030 e morto ad Anagni nel 1105) una “particola” del corpo del Vescovo Martire Tranense, conservato dal lontano 871 nella città di Anagni dove San Pietro fu vescovo dal 1062 al 1105. Una radicata tradizione vuole, tra l’altro, che San Magno, nel suo peregrinare per evangelizzare le genti del meridione, abbia compiuto la sua missione pastorale tra gli abitanti dell’attuale territorio di San Mango e, per non cadere nelle mani dei suoi persecutori, si sia rifugiato in una grotta naturale sul monte che ora prende proprio il nome di San Magno. Alla sua morte, tramanda ancora la leggenda popolare, il Santo indicò, in una apparizione ai fedeli del posto, la grotta ove dimorò in vita, per farvi erigere un eremo a sua devozione. E a questo eremo i fedeli ascendono processionalmente ogni 19 agosto, festa del Santo, e si prostrano davanti alla miracolosa immagine del loro Patrono affrescata, nel 1541, sulla parete della roccia soprastante l’altare. Partono di buon mattino in processione con la statua di San Magno dalla chiesa madre, nel centro del paese, per ascendere alla sommità del monte a lui consacrato. S’inerpicano, cantando e salmodiando, lungo l’irto sentiero che sale fino alla rocciosa cima che, da secoli, custodisce l’antico romitaggio. Qui, nel piccolo e fresco santuario incavato nella roccia della superba rupe, la devozione per il santo taumaturgo raggiunge il suo apice con la celebrazione della messa. Inni e canti religiosi di antica memoria, accompagnano l’ascesa e la discesa del popolo salmodiante che ritorna ogni anno a venerare il suo santo benefattore nel luogo ove la tradizione vuole che egli abbia dimorato e predicato. Le celebrazioni religiose, avviate dal 10 agosto con la novena al Santo, saranno solenni domani con il pellegrinaggio mattutino all’eremo, la celebrazione della messa officiata dal parroco don Antonio Romano.

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