IL BLITZ

Zi’ Ninuccio e le tragiche storie d’usura

I racconti del barista, di un pizzaiolo, dell’imprenditore agricolo e del ristoratore che incastrano il vecchio capo della Nco

CAPACCIO PAESTUM - Il barista con il vizietto del gioco, il pizzaiolo con un debito importante, l’imprenditore agricolo che deve far fronte ad una grossa sofferenza economica e il ristoratore che apre e chiude locali. Questi i profili degli “usurati” di “Zì Ninuccio”, al secolo Giovanni Marandino, l’84enne di Ponte Barizzo, ritenuto affine alla Nco di Raffaele Cutolo, egemone tra gli anni Ottanta e Novanta, che, nonostante la veneranda età e gli acciacchi di salute, continuava l’attività di usura e - scrive il gip Alfonso Scermino del tribunale di Salerno - ad incutere timore per la sua fama di malavitoso di vecchio stampo. Chi aveva bisogno di liquidità ed aveva esaurito i “canali ufficiali” sapeva che c’era sempre la possibilità di chiedere i soldi a Marandino, recandosi nella sua abitazione di Ponte Barizzo, indicata nell’ordinanza di misura cautelare quale “centro logistico di finanziamento”. E Marandino era chiaro nel stringere i patti usurai con chi bussava alla sua porta: l’interesse era del 20% mensile. La vittima doveva dare a garanzia un assegno bancario (senza beneficiario) per l’importo richiesto e la quota di interesse del primo mese. Nel gergo lessicale del vecchio boss l’interesse con tasso usuraio a cadenza fissa era detto la «spesa».

Massimiliano Lanzotto

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