Yumma-Re, una generazione sotto i tetti del “Sing Sing”

I brani: "Autumn's Song", "Let's Spank Politics", "Rotten Meat", "My Blues", "Sudamerica", "La Reina de l'Aldea", "I Have a Gun", "You Let Me Down", "Moon (You broke my Heart)", "Sing Sing Ballad"

Gli Yumma-Re continuano nel solco di quella sperimentazione iniziata fin dai tempi del primo Ep, “Radio Tirana”. Un sound che ha sempre puntato sull’uso dell’elettronica, sulla ritmica pulsante e sulla melodia, matrice di un destino a metà strada tra il Sud del nostro Paese e le terre oltre Manica. Una band che ha sempre avuto uno sguardo attento a non diventare musica di consumo ma capace di lavorare in una continua osmosi con tutti i riferimenti global e glocal della musica d’autore. Anche il nuovo “Sing Sing” (Monochrome Records/Tippin The Velvet) – nome preso in prestito dal condominio di Eboli dove sono cresciuti i tre fratelli Nobile (Luigi, Umberto e Francesco) – è un disco di matrice cantautorale. Nel quale la musica, così come i testi, assumono un significante più ampio. È il racconto di una generazione, quella dei quarantenni di oggi, che ha creduto in destino diverso e che oggi è fottuta. È il racconti di altri tempi, dove si viveva per strada e dove forse si aveva meno paura di oggi. Un disco che sembra essere il ritratto perfetto di certe periferie inglesi, dove la gente era comunità e la fabbrica era il diavolo e l’acqua santa. Ma qui siamo ad Eboli, lo stesso luogo dove Carlo Levi fece fermare il suo Cristo o dove, forse, Cristo non è ancora arrivato. Dieci tracce per raccontare tutta una vita e farlo con quel tocco psichedelico che spazia dagli Air ai Portishead (“My Blues”, “You Let Me Down”, “Moon (You broke my Heart)”). Ma qui la scena cambia rapidamente e dai toni distesi si passa a “Sudamerica” che salta indietro a quegli anni Ottanta, che poi erano i suoni clandestini che entravano nelle stanze del “Sing Sing”. Nuova traccia e nuova suggestione, latina questa volta: “La Reina de l’Aldea”, perché tra quelle pareti nasceva anche il sogno di un riscatto che guardava con devozione ai popoli del Sudamerica con i quali ci si identificava per uguale trattamento umano. “I haven a gun” è il brano rock per eccellenza (inisieme a “Let's Spank Politics” e la bellissima “Rotten Meat”), sognante, con l’intro di piano e la chitarra elettrica che marca i quarti e questa voce che insegue le suggestioni di un rock dal quale, i quarantenni di oggi, non possono prescindere. Il disco si chiude con “Sing Sing ballad” un piccolo capolavoro che libera da certa nostalgia è guarda con nuova grinta al presente.

I musicisti: Luigi Nobile (tastiere e voce), Umberto Nobile (chitarra e tromba), Francesco Nobile (basso), Mario Buoninfante (tastiere), Bibi (fonico)