«Volevo ammazzare Gambino»

Il pentito paganese Sandro Contaldo svela il suo piano: «Fu Moccia a convincermi di lasciare stare»

PAGANI. «Io proposi di uccidere il sindaco Gambino e per tale progetto chiesi l’aiuto di Angelo Moccia». Sono parole del boss Sandro Contaldo, diventato collaboratore di giustizia, che spiega il suo proposito criminale con dovizia di dettagli ai magistrati della Dda di Salerno. Contaldo, capo dell’omonimo clan fino a metà degli anni novanta, finito in carcere con la maxi operazione “Ametista” e rimasto in carcere da allora, stretto dagli anni di carcere per il ruolo guida di un clan sanguinario, ultimo esponente della gang delle palazzine, è stato lo storico antagonista dei Petrosino D’Auria, divenuti gruppo egemone a in concomitanza col suo declino, sancito dall’arresto del suo erede designato Nicola Fiore, alias “Pallino”.

Il progetto di uccidere l’ex primo cittadio e attuale consigliere regionale, circostanza tutta da verificare, è stata riferita davanti al pm antimafia Vincenzo Montemurro il dodici novembre scorso. «Studiai anche la possibilità di organizzare un finto posto di blocco - spiega Contaldo - Il Moccia, essendo uno stratega, mi disse che non era il caso di ucciderlo, anche perché prima o poi il Gambino avrebbe avuto sempre incarichi più importanti e tale circostanza non poteva fare altro che ritornare utile per il mio clan». Il progetto sfumò, secondo l’ex capocosca, per ragioni di opportunità.

«Un omicidio così eclatante avrebbe solo attirato l’attenzione della magistratura e delle forze dell’ordine». Storicamente Sandro Contaldo ha mantenuto un comportamento da irriducibile fino a pochi mesi fa, quando trapelò la clamorosa notizia di un suo avvicinamento alla collaborazione. Le sue indicazioni riguardano un periodo precedente rispetto all’azione criminale contestata ai Fezza e ai Petrosino D’Auria in particolare, molto prima rispetto all’ascesa dello stesso Alberico Gambino, attualmente consigliere regionale.

«Federico Chessa (pregiudicato paganese) e Nicola Fiore mi dissero che Gambino era stato eletto con i voti del clan D’Auria Petrosino, entrambi non mi parlarono del D’Onofrio in riferimento ad un possibile scambio di voti con la malavita. Tuttavia Chessa e Domenico Ferraioli (altro pregiudicato paganese ribattezzato “Mimì Mazzarella”) mi riferirono che D’Onofrio era parte integrante del clan. Lui e Gambino hanno favorito il clan con le concessioni edilizie a costruttori che venivano taglieggiati dal gruppo o con prestanome dei D’Auria, che avevano le mani sulla Multiservice di Pagani».

Contaldo, ascoltato a stretto giro nello scorso autunno, potrebbe essere ascoltato con tutta probabilità già nel corso del secondo grado del processo “Linea d’ombra”, in corso davanti ai giudici della corte d’appello, con la prossima udienza attesa per martedì venti gennaio. Le dichiarazioni, piene di momentanei omissis, sono state allegate sia alla richiesta cautelare “Criniera”, sia alla prefissata fase di appello davanti al tribunale del riesame, con udienza fissata il prossimo 26 gennaio.

Alfonso T. Guerritore

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