valva/il dolore dei feniello 

«Voglio la verità su mio figlio» 

Il papà di Stefano: «Hanno anche trasferito il prefetto. È un premio?»

VALVA. «Hanno ucciso mio figlio, non ho paura delle minacce e continuerò la mia battaglia per la verità». Continua la lotta per ottenere giustizia di Alessio Feniello, il papà di Stefano, il ventottenne originario di Valva e residente in Abruzzo, deceduto il 18 gennaio scorso sotto le macerie dell’hotel Rogopiano di Farindola travolto da una slavina.
Una tragedia che si sarebbe potuta evitare, secondo quanto emerge dall’inchiesta e che grazie alla documentazione fornita dal legale della famiglia Feniello, l’avvocato Camillo Graziano, fa emergere una serie di responsabilità dovute alle omissioni di atti circa l’autorizzazione alla costruzione del centro benessere del resort e all’ampliamento della struttura alberghiera in una zona ad alto rischio valanghe. A distanza di quasi undici mesi dalla tragedia però, sono emerse le intercettazioni telefoniche tra i vari funzionari pubblici, durante le quali gli indagati facevano a scaricabarile con le responsabilità mentre a Rigopiano la slavina stava inghiottendo l’hotel con 40 persone tra cui clienti e dipendenti.
«Provo disgusto per quelle vergognose conversazioni telefoniche - spiega Alessio Feniello - personaggi che durante l’emergenza neve scherzavano sulla morte di 29 persone. Non ho parole. Mi auguro soltanto che la Procura continui le indagini su ampio raggio perché ci sono altri responsabili oltre ai 23 già indagati».
E sul trasferimento a Roma presso il centro coordinamento nazionale delle emergenze dell’ex Prefetto di Pescara, Francesco Provolo, anche lui indagato per la tragedia, Feniello dice: «Ho scritto una lettera al ministro Minniti perché voglio che mi spieghi il motivo per il quale l’ex Prefetto Provolo è stato trasferito a Roma. Gli hanno dato il premio per tutto quello che ha combinato in Abruzzo?».
Mariateresa Conte
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