Violenza su un 17enne di Cava de' Tirreni, Alfieri lascia il carcere

Il gestore del centro massaggi va ai domiciliari grazie ad alcune testimonianze: «Nessun abuso, e allontanò il ragazzo appena seppe che era minore»

CAVA DE' TIRRENI. Lascia il carcere Giuseppe Alfieri. Il 51enne cavese, gestore del centro massaggi di via Talamo dove poco meno di un anno fa sarebbe avvenuto lo stupro di un 17enne, è da ieri agli arresti domiciliari. A convincere il giudice delle indagini preliminari Stefano Berni Canani sono state tre consulenze difensive depositate dall’avvocato Arturo Della Monica. In particolare le testimonianze secondo cui Alfieri non sapeva che il ragazzo fosse ancora minore quando aveva avuto con lui rapporti sessuali fatti di palpeggiamenti e masturbazioni che secondo la difesa sarebbero stati consenzienti. E non lo sapeva nemmeno quando, lo scorso dicembre, lo avrebbe coinvolto in un gioco erotico con tre complici, culminato nello stupro da parte di un uomo in maschera che gli inquirenti stanno ancora cercando di identificare. Secondo le testimonianze portate all’attenzione del gip, ne sarebbe venuto a conoscenza soltanto agli inizi di quest’anno. E subito lo avrebbe allontanato.

Nella documentazione difensiva si citano alcune persone residenti nella zona del centro massaggi, che a febbraio avrebbero visto l’adolescente davanti allo stabile e Alfieri che, dal balcone, gli intimava di andarsene. Un copione che si sarebbe ripetuto già in precedenza e che secondo il 51enne costituiva anche il contenuto di una telefonata che il 6 gennaio, pochi giorni dopo il presunto stupro, risulta partita dal telefono del ragazzo verso quello di Alfieri. Tutti elementi che hanno attenuato il quadro indiziario e convinto il gip a concedere i domiciliari, mentre resta ancora in carcere il 49enne Simeone Criscuolo (originario di Agerola ma residente a Vicenza) che avrebbe partecipato alla violenza filmando tutto con il telefono.

Nei giorni scorsi il ragazzo ha individuato anche un altro presunto partecipante all’episodio di dicembre, riconoscendolo in un confronto dopo che gli inquirenti erano risaliti a lui esaminando i tabulati telefonici degli indagati.

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Per il sostituto procuratore Elena Guarino il racconto del 17enne è attendibile. Ha spiegato di aver iniziato a frequentare il centro su consiglio della madre, per rilassarsi in un periodo di particolare stress legato allo studio. Lì Alfieri avrebbe iniziato a coinvolgerlo nella visione di film a sfondo omosessuale e gli avrebbe chiesto di posare per alcuni spot pubblicitari della struttura. Nel corso di una di queste riprese lo avrebbe costretto a subire carezze spinte, e qualche settimana dopo lo avrebbe coinvolto nello stupro. È stata la madre a trovare sul cellulare del figlio messaggi a sfondo erotico e a raccogliere le prime confidenze sulla presunta violenza. Quindi la denuncia, le indagini e gli arresti.

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