Via i sigilli da Porta Ovest Il cantiere può riaprire

Il giudice accoglie l’istanza dell’impresa: «Non c’è più pericolo di crolli»

Si torna al lavoro nel cantiere di Porta Ovest. Il giudice delle indagini preliminari Stefano Berni Canani ha firmato ieri mattina il decreto di dissequestro che consente di riprendere i lavori di scavo delle gallerie, destinate a collegare la zona dei vecchi caselli autostradali con il porto commerciale di via Ligea.

Il provvedimento. La rimozione dei sigilli arriva dopo un anno dal primo sequestro, disposto per esigenze probatorie, e dopo un secondo decreto che lo scorso febbraio bloccava gli scavi per tutelare la “pubblica incolumità”, paventando il rischio di ulteriori crolli dopo quello che nel dicembre del 2014 aveva fatto venir giù una porzione della volta. Nell’atto di dissequestro il gip spiega che adesso quel pericolo non esiste più, come si evince non solo dalla consulenza tecnica redatta per l’impresa Tecnis dall’ingegnere Perrotta e dal geologo Pelizza, ma anche da quella che l’Autorità portuale (parte del procedimento in qualità di danneggiato) ha affidato al professore De Vita e all’ingegnere Spizuoco. Una documentazione copiosa e dettagliata, da cui è emerso che dopo gli interventi di messa in sicurezza non vi è più stato alcun segnale di cedimento e in cui sono demolite le obiezioni dei consulenti della Procura, secondo i quali sarebbe stato necessario un nuovo progetto e un monitoraggio su tutta la montagna. «I contributi tecnici – si legge nel decreto – hanno sufficientemente dimostrato l’impossibilità che si verifichino ulteriori crolli».

Le precrizioni. Il monitoraggio ci sarà, ma soltanto sul fronte di scavo, come già si ipotizzava nella richiesta di dissequestro depositata per la Tecnis dall’avvocato Cecchino Cacciatore. Il giudice ha prescritto all’impresa «una preventiva e costante esecuzione di indagini e di saggi geognostici a partire da ogni singolo fronte di scavo e direttamente sul fronte da perforare». I lavori, inoltre, saranno sottoposti alla vigilanza del Provveditorato alle opere pubbliche. Per i consulenti dei sostituti procuratori Rocco Alfano e Vincenzo Senatore (che conducono le indagini anche su presunte infiltrazioni della criminalità e avevano dato parere negativo al dissequestro) queste prescrizioni non sarebbero sufficienti.

Il geologo Franco Ortolani e l’ingegnere Marcello Romano chiedevano saggi più estesi, anche in corrispondenza del viadotto autostradale Olivieri e della zona di Canalone, e soprattutto invitavano alla redazione di un nuovo progetto esecutivo, posto che il primo aveva evidenziato carenze anche nella rilevazione della falda sottostante alle gallerie. Il gip ha invece condiviso la tesi di impresa e Autorità portuale, secondo cui è più efficace un “metodo osservazionale” che mette a punto l’intervento man mano che si prosegue con la perforazione. Ha inoltre rilevato che una progettazione ex novo “sarebbe stata inutile e proibitiva perché si sarebbero dovuti interrompere i lavori ogni volta che vi fosse stato un minimo cambiamento geomorfologico dei lavori di scavo, con conseguente messa a rischio della stabilità della stessa galleria».

L’impresa. L’avvocato Cecchino Cacciatore, che assiste la Tecnis, ha espresso ieri «viva soddisfazione per il riconoscimento delle ragioni della difesa che, dopo un lungo e approfondito lavoro, a tratti quotidiano, contribuisce a restituire alla comunità salernitana un’opera di vitale e centrale importanza. Non può che prendersi atto – ha aggiunto – delle accorte riflessioni del gip, le quali costituiscono una grave ipoteca per il futuro stesso delle imputazioni elevate nei confronti degli indagati».

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