Verifica sulle barriere sfondate dal pullman

Sopralluogo in autostrada ad un mese dalla tragedia costata la vita a 39 persone Sul luogo dell’incidente ancora visibili indumenti delle vittime e pezzi del bus

MONTEFORTE IRPINO. Hanno controllato punto per punto il tratto della barriera che ha ceduto. Perché la tenuta dei new jersey del viadotto Acqualonga è uno dei punti chiave della strage di Monteforte Irpino che potrebbe spiegare perché, la sera del 28 luglio, l’autobus è precipitato giù. E perché sono morte 39 persone. Ieri il pool dei 17 periti, nel corso della terza giornata dell’incidente probatorio, per oltre 10 ore, ha fatto questo. Gli esperti nominati da tutte le parti coinvolte, per ore hanno verificato nel tratto interessato – 9 new jersey – i cosiddetti “tirafondi”, cioè i tasselli di fissaggio: a tal fine sono stati prelevati e poi ricollocati anche due new jersey. È stato anche esaminato il tratto precedente il cedimento della barriera. Del resto quello che si cercherà di dimostrare è perché le barriere hanno ceduto: se perché la manutenzione non era stata rispettata, se il fissaggio non era in qualche modo regolare o se invece l’impatto è stato così forte che non poteva essere retto neanche da barriere a norma. Non a caso accogliendo la richiesta di una delle parti, tra le perizie rientreranno anche la conformità tra il progetto e la realizzazione del viadotto in cui è successo il fatto e una analisi comparata di un pezzo di new jersey integro con uno di quelli che hanno ceduto.

«Bisogna verificare le ragioni del crollo delle barriere – dice Antonio Mirra, il legale dell’autista del bus, Ciro Lametta, anche lui deceduto nell’incidente – Un dato è chiaro: quelle persone sono morte cadendo giù da quell’altezza».

Un esame, quello delle barriere che ha fatto slittare a oggi il sopralluogo nella scarpata dove il bus è poi precipitato. Un tratto, quello a ridosso della strada provinciale, dove ci sono ancora i segni delle vite delle vittime. Si vedono ad occhio nudo nell’area sequestrata, dove dal terreno riaffiorano scarpe, abiti, ma dove ci sono anche pezzi del bus e delle barriere del viadotto. Quasi una sorta di angolo dei ricordi dove in tanti, ogni giorno, si fermano. A farlo è gente comune, che quella strage l’ha vista in tv. C’è chi si ferma per portare un cero, chi per farsi un segno della croce o accarezzare le foto. «Perché sono qui? – ha detto una signora di Avellino – Perché le persone che sono morte qui se lo meritano. E meritano anche riposte sul perché della loro morte».