La storia

Venduta dal padre pedofilo, adesso ha vinto ma è sola

Salerno, la triste vicenda di una ventenne. Il legale: «Ha avuto coraggio, chi denuncia i genitori si ritrova senza famiglia»

SALERNO. Quando pochi giorni fa è entrata nello studio del suo avvocato per le ultime formalità del processo, Alessia aveva il sorriso amaro di chi ha vinto ma sa che adesso di battaglia ne comincia una nuova. Alessia non è il suo vero nome, la chiameremo così per tutelare almeno il diritto alla privacy di una ragazza che adesso ha vent’anni e che ne aveva soltanto dieci quando ha conosciuto l’orrore della pedofilia e ha capito che il primo di cui non poteva fidarsi era il padre che avrebbe dovuto difenderla. Lunedì scorso il genitore è stato condannato a diciotto anni di carcere, per avere abusato di lei e dei due fratellini più piccoli e per averli venduti per anni a un gruppo di pedofili (anche loro condannati) con la complicità persino della nonna paterna.

Alessia era la più grande, la prima a iniziare a raccontare e a fare avviare le indagini della magistratura alla fine del 2008, quando aveva quasi tredici anni. Da allora ha sempre vissuto in un centro di accoglienza, assistita da psicologi e operatori sociali che l’hanno accompagnata nel percorso difficilissimo del superamento del trauma. Adesso è arrivato il momento di uscire e provare a ricostruirsi una vita fuori dalle mura protettive della casa famiglia: «Ho finito gli studi, sto cercando un lavoro per essere autonoma. Me la vedrò da sola» ha confidato agli avvocati Michele Tedesco e Angelo Mancino che in questi anni l’hanno rappresentata nel processo costituendosi parte civile in gratuito patrocinio.

«Finora non l’avevo mai vista – racconta l’avvocato Tedesco – era una bambina e i nostri rapporti erano con i suoi tutori. Adesso che è maggiorenne è venuta allo studio per firmare un documento e ci siamo trovati davanti questa ragazza bella e risoluta, che a vent’anni si trova ad affrontare la vita da sola e in due parole ci ha dimostrato che cos’è la dignità». Alla tragedia degli stupri si aggiunge per lei il dramma della solitudine, il dolore di non poter cercare aiuto e nemmeno conforto in una famiglia che si è rivelata matrigna e con cui il cordone ombelicale si è strappato nel giorno stesso in cui ha demolito il muro di omertà. «Quasi mai ci soffermiamo a pensarci – prosegue il legale – ma quando le violenze arrivano dai familiari più stretti, trovare il coraggio denunciare significa anche dover affrontare una solitudine che peserà per anni. Questa ragazza lo ha fatto, si è sobbarcata da giovanissima una scelta che significava di fatto la perdita dei genitori. E adesso ha il piglio e la dignità per fare un nuovo percorso completamente da sola». È risoluta, ma rischia di non avere appigli per scavalcare gli ostacoli. «Non so se potrà mai superare il trauma delle violenze. Io spero che un giorno possa avere fiducia in qualcuno e trovare un compagno, ma per adesso ho idea che il problema più serio sia quello della solitudine». Una sorta di appello quello del legale, che in atti processuali e testimonianze ha visto sfilare in questi anni i tasselli di una galleria degli orrori. Alessia aveva dieci anni quando fu portata in un terreno di Cappelle e stuprata da due fratelli di 42 e 39 anni, che nel 2013 hanno chiuso il procedimento giudiziario con il rito abbreviato e una condanna a cinque anni. Ma quell’episodio era solo l’inizio dell’incubo. Gli inquirenti hanno ricostruito una sequenza di violenze sessuali avvenute in appartamenti del centro e della zona orientale, dove il padre portava anche i due figlioletti maschi (il più piccolo di soli tre anni) e dove sei orchi si alternavano in abusi di ogni genere, che spesso venivano ripresi con le videocamere per venderne i filmati nel mercato della pedopornografia. Lunedì scorso i giudici della terza sezione li hanno tutti condannati: a diciotto anni il padre, con pene dai tredici ai quindici anni gli altri. E di quindici anni è la pena disposta anche per la nonna paterna dei bimbi, che avrebbe messo a disposizione dei pedofili la sua casa.

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