Il concerto

Venditti ai Templi «Sono ancora il ragazzo dei tempi di Tortuga»

Martedì 16 agosto a Paestum l’atteso live del cantautore romano: «Quel bar rappresenta un ottimo punto di osservazione»

CAPACCIO PAESTUM. «Dovevo tornare indietro nel tempo per proiettarmi liberamente verso nuove avventure. È come se avessi chiuso un periodo durato 40 anni e me li porto tutti appresso ma davanti a me c’è il futuro»: Antonello Venditti non si concede il lusso di guardarsi indietro. E per questo continua a offrirci dischi come “Tortuga” che canterà domani martedì 16 agosto (ore 21,30) per il suo pubblico, al teatro dei Templi di Paestum, per una data a cura di Anni60 Produzioni. “Tortuga” è anche il nome di uno storico bar di fronte a quello che era il liceo “Giulio Cesare” che Venditti ha frequentato a Roma.

«Il cerchio scolastico con “Tortuga” si compie. Dopo “Giulio Cesare”, “Compagno di scuola” e “Notte prima degli esami”, con questo disco mi affaccio sul mondo e riparto da un bar che racchiude come tutti il senso degli incontri casuali di idee, vite e avventure e che a me serve per tornare a Roma. Per ribadire il fatto che a Roma ci sono, mi interessa della città ma poi dovrò ripartire. “Tortuga” è un bellissimo punto di partenza: ora mi piace pensare ai nuovi incontri musicali che avrò, devo cambiare vita. Ho una nuova vitalità che mi fa andare avanti. Non vedo il futuro in maniera tragica si tratta solo di interpretare i tempi e trovare un ruolo senza farsi travolgere dalle angosce che viviamo».

Da quando ha iniziato a comporre musica, le tecniche di registrazione sono notevolmente cambiate. Ciò come ha inciso sul suo sound?

«Sono sempre stato un amante delle tecniche di registrazione, sono stato uno dei primi, in Italia, ad avere uno studio autonomo perché penso che il suono sia parte integrante del mondo poetico della canzone».

C’è la possibilità di vederla tornare in studio e sul palco con Francesco De Gregori, uno dei suoi “Vecchi amici”?

«Sarò con vecchi e nuovi amici. Si allarga il mio sguardo sul mondo anche perché dei miei amici veri a parte, Francesco, non è rimasto più nessuno. Ho fatto nuovi incontri, speriamo venga fuori qualcosa di interessante».

Dove va quando vuole ricongiungersi col suo passato, ritrovare la parte più intima di sé?

«A Trastevere. C’è una Roma estetica fatta di storia intrinseca e architettura e poi c’è un’altra storia ed è fatta di umanità: è quella dei bar, dei ristoranti, della chiesa che è la mia Roma, più spostata verso il Tevere. Un buon punto di osservazione. Ora siamo occupati a parlare di immondizia, mobilità e di cose di cui non vorremmo occuparci. Ma c’è un potere endogeno in questa città. I romani devono dire la propria a voce alta».

Come lei ha fatto spesso, anche attraverso la musica. Adesso è invece più concentrato sui sentimenti. I testi di “Tortuga” sembrano scritti da un ragazzo.

«Io sono questo. Le mie canzoni le scrivo con gli occhi di un ragazzo. Sennò sarei rimasto all’età dell’oro, la mia deve ancora venire. Molti della mia generazione si sono fermati negli anni ’70 e non hanno capito gli ’80, si sono eclissati nei ’90 e si sono sentiti abbandonati nel 2000. Io devo vivere la vita ma con la mia testa e con autonomia: è la mia forza ma anche la mia solitudine». Info line: 089 4688156.

©RIPRODUZIONE RISERVATA