OPERAZIONE "FEBBRE ORO NERO"

Vallo di Diano, traffico di rifiuti: ecco come i carabinieri evitarono il disastro

L’autotrasportatore dichiarò ai militari di aver rinunciato a scaricare le altre botti

POLLA - Se avesse piovuto non ci sarebbe stata la necessità di sversare i liquidi inquinanti provenienti dalla Pracal srl di Polla, ma sarebbero potuti finire nel piazzale di un cementificio e da qui direttamente in un affluente del fiume Tanagro. Un racconto che riserva altri particolari inquietanti, quello di L.V., l’autotrasportatore che in un suo terreno nel Vallo di Diano aveva eseguito un primo scarico delle botti da mille litri ciascuna stipati all’interno di un complesso industriale della Calcestruzzi Bentonvall di Sant’Arsenio, di Pasquale Quagliano, uno degli arrestati nell’operazione dei carabinieri di lunedì mattina contro un traffico di rifiuti nella Valle del Diano. L’autotrasportatore dichiarò ai militari del comando provinciale dell’Arma di Salerno di aver rinunciato a scaricare le altre botti di quel liquido caricato alla calcestruzzi dopo averne sentito la puzza che emanava ed aver constatato che erano bastate poche gocce per rimuovere la vernice su alcune parti del suo camion. Particolari inquietati, ma c’è un altro punto del suo racconto che preoccupa molto.

Quando L.V. sarebbe arrivato alla calcestruzzi, oltre Quagliano c’erano anche Luigi Cardiello, il 78enne imprenditore di Sant’Arsenio detto il “Re Mida” dei rifiuti, il figlio di questi Gianluigi, anche loro arrestati lunedì, e a una quarta persona. Mentre si parlava del carico e delle botti da trasportare , a dire di L.V., Quagliano avrebbe mostrato «un certo disappunto perché diceva che se avesse piovuto, invece di farla scaricare da me l’avrebbe scaricata all’interno del suo piazzale cosicché la pioggia avrebbe pulito lo stesso e mandato il tutto nel vicino fiume». La Betonvall, infatti, è vicino ad un affluente del Tanagro, in una zona che è ricompresa nella riserva naturale Foce Sele-Tanagro. Per disfarsi di quel carico maleodorante che l’autotrasportatore non vorrà sversare nel suo terreno né in una buca né nelle condotte fognarie senza uscita del centro sportivo di San Rufo, c’è chi pensava a farlo finire perfino nel fiume, con enormi danni ambientali che sono facilmente immaginabili. I carabinieri, che intercettavano i telefoni di molti degli indagati, già prima del racconto di L.V., preferirono intervenire immediatamente, appena saputo della presenza di carichi sospetti.

I militari del colonnello Gianluca Trombetti già ad ottobre 2019, infatti, fermarono quel carico pericoloso nella calcestruzzi composto da un mix di idrocarburi Hp 14 ecotossico, pur non sapendo ancora delle presunte parole dette da Quagliano, ma intuendo la pericolosità del comportamento del gruppo di imprenditori che stavano intercettan- do. Un’azione fulminea che evitò un disastro ambientale. Gli investigatori, nonostante il successo del ritrovamento delle taniche con le acque di risulta della Pracal di Polla, non mollarono l’indagine, scoprendo così una realtà molto più complessa e preoccupante con presunti altri scarichi su cui ora s’indaga. Che i Cardiello facessero movimenti strani lo sospettava anche il proprietario di una cava di Brienza, dove la prima tranche delle 32 botti doveva essere recapitato. L.V. lo aveva chiamato per avere informazioni sul carico, ma il proprietario della cava si era dimostrato infastidito dalla telefonata. Successivamente, l’autotrasportatore andò a Brienza per esigenze personali e incontrò il proprietario della cava il quale riferendosi a quella telefonata ricevuta giorni prima gli disse «che ero un pazzo a parlare per telefono di certe cose perché c'erano i telefoni sotto intercettazione e i carabinieri registravano tutto…. Mi disse che c'era un'indagine in corso ».

L’imprenditore burgentino avrebbe saputo la notizia da un suo caro amico carabiniere ma non fece il nome a L.V. di chi fosse o a quale comando appartenesse. Sempre il titolare della cava, secondo l’autotrasportatore, riferì «che si teneva alla larga da Quagliano e dal Cardiello perché quando lui andava presso la calcestruzzi del Quagliano, per motivi del tutto leciti, gli veniva sempre proposto di fare degli strani trasporti con i suoi mezzi e che aveva sempre rifiutato». Il camionista aggiunse: «Mi fecero capire - alla cava, ndr- che il Quagliano era implicato in un traffico di materiale pericoloso. Mi disse anche che quanto prima i carabinieri sarebbero venuti anche da me. In effetti il giorno successivo arrivarono i carabinieri ».

Salvatore De Napoli