Cava de' Tirreni

Usura ed estorsioni: la banda Zullo davanti al giudice 

I tre arrestati dovranno spiegare gli affari illeciti con l’Agro. Ma dall’inchiesta emergono anche altri “insospettabili”

CAVA DE' TIRRENI. Saranno ascoltati oggi dal gip per gli interrogatori di garanzia i tre destinatari delle ordinanze di custodia cautelare Dante Zullo, il figlio Vincenzo Zullo e Vincenzo Porpora, coinvolti nell’inchiesta contro il gruppo in grado di operare con estorsioni, usura, riciclaggio e smercio di stupefacenti.
In particolare, le accuse contestate dalla Dda sono di associazione a delinquere finalizzata al traffico di droga, usura pluriaggravata, estorsioni imposte ad imprenditori e commercianti e l’ambito collaterale dell’intestazione fittizia di beni. L’attività investigativa ha puntato al cuore del gruppo, incentrato sugli Zullo. Il ruolo di Porpora sarebbe passato da quello di vittima iniziale dell’azione criminale dei due a quello di complice. Il capo restava Dante Zullo che era riuscito a coinvolgere nel suo operato illecito persone di altri settori: l’esempio è rappresentato proprio da Porpora, finito nel mirino in una prima fase in qualità di esercente, gestore di una nota pescheria, finito nello strozzo con prestiti per 6800 euro levitati con l’incremento del tasso illecito per 3800 euro contabilizzati nel corso delle indagini, senza contare forniture di pesce e altri favori. Il modus di Zullo si rivolgeva anche da altri personaggi, come nel caso dell’imprenditore cavese Giovanni Sorrentino, autorivenditore e noleggiatore, coinvolto da Porpora e costretto a rimetterci denaro, autovetture, cavalli e un garage, in particolare, per un valore complessivo di 150 mila euro. L’imprenditore era vessato e costretto a intestarsi beni di Zullo, mettendo a disposizione dei suoi estorsori alcuni conti correnti. Nel 2015-2016 le ditte di Sorrentino diventavano “cosa loro”, con gli Zullo che ottenevano l’assunzione della moglie del presunto boss, “sistemata” con pagamenti e contributi «in assenza di qualunque prestazione di lavoro effettiva». Il rapporto di forza imposto dagli Zullo a Sorrentino riguardava anche una società finita nel mirino della Procura, la Sorrentino Car, per riciclaggio, con ulteriori soggetti indagati quali Vincenzo Catania, legato a Sorrentino da un altro rapporto usuraio, e il fiduciario Giuseppe Paolillo, anche lui sotto inchiesta, e infine Vincenzo Melisse. L’azione di strozzo si arrivava fino alla provincia di Napoli, con il coinvolgimento di Vincenzo e Nunzio Catania, di Castellammare, i quali erano legati a Porpora, il quale si muoveva per conto degli Zullo, secondo le indagini, erogando materialmente le somme per poi fare da esattore, «con almeno altre tre persone vittime individuate e altre da inquadrare nel prosieguo delle indagini». La tela di prestiti e movimenti sospetti di denaro, ricostruita dalle indagini parte da Cava toccando l’Agro nocerino e l’area stabiese, con i primi passi degli inquirenti registrati nell’autunno del 2015. (a. t. g.)
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