Usura e tentata estorsione, 4 anni a Porpora 

Indagini in corso dal 2017 sulla famiglia scafatese che prestava i soldi e poi minacciava i debitori

È stato riconosciuto colpevole e condannato a quattro anni di reclusione per l’accusa di usura e tentata estorsione, Raffaele Porpora, tra i principali indagati dell’operazione “Get a money”, che alla fine del 2017 fece scattare un’ordinanza cautelare a carico di un’intera famiglia a Scafati. Il Gip del Tribunale di Nocera Inferiore, Alfonso Scermino, ha contestualmente ordinato per Porpora, che dovrà pagare una multa di 8000 euro, la confisca di 23.400 euro per equivalente in beni mobili e immobili.
L’indagine madre riguardava il gruppo familiare di Porpora, in gran parte ritenuto coinvolto, e raggiunto dal decreto di giudizio immediato disposto dal Gip sulla base di un quadro probatorio importante messo insieme dal pm. Gli indagati furono fermati da un’ordinanza di custodia cautelare eseguita dalla sezione pg della Polizia locale in forza alla Procura, militari della Guardia di finanza della pg e poliziotti dello stesso distaccamento. Il procedimento inizialmente riguardava Porpora insieme alla madre, Elvira De Maio, con lo stralcio della posizione di quest’ultima. Gli imputati dell’indagine successiva sono Elvira De Maio, 59 anni, vedova del boss Antonio Porpora, il figlio Raffaele Porpora, 38 anni, Francesco Rosario Civale, 22 anni, Marianeve Perrotti, 50 anni, originaria di Torre Annunziata e residente a Scafati, Antonio Davide, 49 anni, inizialmente finiti in carcere, e Gerardina Nastro, alias “Maria”, 75 anni, e Antonietta Di Lauro, 61 anni, impiegata dell’Asl. Secondo le accuse, il gruppo prestava denaro praticando tassi usurai e richiamando i debitori con avvisi, minacce e avvertimenti.
L’indagine, risolta nel giro di sei mesi, partì il 22 giugno 2017, quando si presentò la vittima pronta a raccontare il suo giogo alla sezione di polizia giudiziaria della Procura di Nocera La vicenda messa nero su bianco riportava anni di usura subita da Elvira De Maio, con enormi difficoltà di copertura degli interessi e le successive minacce di morte da parte di suo figlio, Raffaele. La “trappola” per Porpora, definito pericoloso e ammanettato prima del blitz, scattò subito dopo aver ricevuto il denaro dalla vittima, con una operazione concordata: l’uomo si mosse per conto della famiglia, pronto a chiarire di nuovo il giusto prezzo, i tempi previsti e il rapporto da onorare, pena visite a tutte le ore, telefonate, “bussate” e minacce. L’inchiesta fu svolta dal pm della Procura Giuseppe Cacciapuoti.
Alfonso T. Guerritore
©RIPRODUZIONE RISERVATA