LA RIPARTENZA

Università, redditi in picchiata al Sud «Diecimila iscritti in meno»

l’allarme dagli atenei, l’indagine Svimez

SALERNO - Le iscrizioni all’Università nel post-Covid rischiano di rappresentare un'incognita che va ben oltre le aspettative. Si fa sempre più concreto il rischio di un calo drastico delle immatricolazioni. Occhi puntati sulle scelte che i circa 500mila studenti reduci da un esame di stato a dir poco tribolato per via dell'emergenza. A lanciare l’allarme è la Svimez, associazione per lo sviluppo dell'industria nel Mezzogiorno, partendo da un quadro che ancor prima del ciclone Covid vedeva il nostro Paese in ritardo rispetto alle altre realtà europee. «Abbiamo accumulato un forte ritardo nell’accesso all’educazione terziaria. Secondo dati Ocse, il tasso di immatricolazione (quota dei diciannovenni che si iscrive all’Università) dei ragazzi italiani si attesta al 54,7% rimanendo molto al di sotto di altri Paesi europei come Francia (66,2%), Germania (68,3) e Spagna (73%).Questo determina un basso grado di istruzione terziaria dei 30-34enni che si attesta per il 2018 al 34% in Italia rispetto ad una media Ue del 45,8%. Nel Mezzogiorno è pari al 26,8%, 12 punti in meno che nel Centro- Nord che si attesta al 38,2%».

Una situazione che affonda le radici nella crisi del 2008-2009, che determinò un calo delle iscrizioni la cui incidenza, negli anni successivi, è stata più evidente proprio al Sud: «La ripresa degli immatricolati e del tasso di passaggio nel periodo di debole ripresa (2013-19) ha consentito solo un parziale recupero per il Mezzogiorno, ancora lontano dai valori del 2008, a differenza del Centro-Nord che è ritornato sui valori precedenti. Secondo il dato più recente, 2019, il Mezzogiorno ha ancora 12.000 immatricolati in meno rispetto al 2008 e un tasso di passaggio di oltre 5 punti percentuali più basso. Viceversa, il Centro-Nord ha registrato per l’intero periodo un incremento di 30.000 immatricolati circa e un aumento di oltre un punto percentuale del suo tasso di passaggio». Le stime post- Covid, da questo punto di vista, non lasciano presagire nulla di buono, con l’ipotesi, per il 2020-2021, di «292.000 maturi al Centro Nord e circa 197.000 al Mezzogiorno. Si è poi provveduto a stimare l’impatto della crisi economica sul tasso di passaggio scuola/università. La precedente crisi ha evidenziato una elevata elasticità di tale tasso all’indebolimento dei redditi delle famiglie soprattutto nel Mezzogiorno. Alla luce di ciò si stima una riduzione del tasso di proseguimento di 3,6 punti nel Mezzogiorno e di 1,5 nel Centro- Nord».

Il crollo previsto sarebbe di circa 10mila iscrizioni, di cui i due terzi al Mezzogiorno, che una volta di più diventerebbe il vero epicentro della crisi. Uno scenario drammatico senza tema di smentita, che secondo la Svimez dovrebbe spingere a «rendere sistematica la proposta strutturale del ministero dell’Università di estendere la no tax area da 13mila a 20mila in tutto il Paese, prevedere innalzamento a 30mila e una borsa di studio statale che copra l’intera retta 2020 nelle Università pubbliche, vincolata al raggiungimento degli obiettivi. Inoltre, considerare l’Università come fondamentale infrastruttura pubblica dello sviluppo destinando risorse specifiche del piano europeo Next Generation per rafforzare il diritto allo studio nelle regioni a più basso livello di reddito». Altro tema importante è la valorizzazione delle infrastrutture della ricerca, «sostenendo le esperienze positive esistenti nel Mezzogiorno attraverso il rafforzamento di 4-5 poli di formazione, ricerca e innovazione. Infine, garantire un investimento sulle infrastrutture digitali che colmi il divario esistenti tra Atenei del Nord e del Sud».