il caso di rufoli

Una lettera ai vertici della Cei con le denunce su Siglioccolo

È arrivata persino alla Cei, con una lettera indirizzata tra gli altri al cardinale Angelo Bagnasco, la vicenda delle case di Rufoli e dell’ex parroco Mimmo Siglioccolo, che prima di vendere al...

È arrivata persino alla Cei, con una lettera indirizzata tra gli altri al cardinale Angelo Bagnasco, la vicenda delle case di Rufoli e dell’ex parroco Mimmo Siglioccolo, che prima di vendere al Comune suoli e prefabbricati Caritas aveva già alienato due di quelle costruzioni ad altrettante famiglie della zona. Da quella vendita la parrocchia di San Michele incassò 80 milioni di lire, di cui i fedeli denunciano di aver perso le tracce, ma la storia arrivò già nel 2007 all’attenzione della Conferenza episcopale italiana. A scrivere a Bagnasco, oltre che all’arcivescovo Gerardo Pierro e a tutti i vertici della Curia, fu uno dei due acquirenti, che dopo aver speso per quell’alloggio i suoi risparmi scoprì che la casa rientrava nell’area destinata dal Comune alle palazzine popolari, e doveva essere abbattuta. Alle autorità ecclesiastiche spiegò che don Mimmo lo aveva rassicurato promettendogli la vendita di un altro prefabbricato, limitrofo all’area degli abbattimenti, ma che poi l’immobile fu venduto a un’altra persona. La lettera ricostruiva una vicenda di inganni e false promesse, fino a citare un documento con la firma Pierro in cui si autorizzava la parrocchia alla vendita del secondo prefabbricato. «Me ne diede copia don Mimmo – si spiega – e si prese anche 500mila lire per “spese di Curia”». Quando però andò a cercare l’originale in Diocesi non ne trovò traccia: «O il decreto è scomparso, o quello mostratomi dal parroco è stato falsificato insieme alla sottoscrizione vergata di pugno e con un timbro ad inchiostro rosso, oppure la firma del vescovo non ha alcun valore». Ipotesi che restano tuttora senza risposta e che già allora si accompagnavano alle lamentele di altri parrocchiani per la gestione anomala adottata da Siglioccolo, ora ridotto allo stato laicale da monisgor Luigi Moretti dopo che se n’è scoperta la paternità. Alla sua ultima processione a Rufoli, il 2 ottobre del 2011, qualcuno gli fece trovare lungo il percorso volantini in cui si ribadiva che il nuovo vescovo non lo avrebbe coperto e che d’ora in poi avrebbe potuto dedicarsi a tempo pieno a donne e figli. Le polemiche, tuttavia, non sono ancora finite e le ultime investono la distribuzione di alimenti per le famiglie bisognose. Non è coinvolto il Banco alimentare, come precisano dall’omonima fondazione che è proprietaria del marchio, ma un centro locale che si occupa del servizio. (c.d.m.)

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