Una famiglia nel mirino della Dda

Dall’affaire Overline alle accuse di voto di scambio e di rapporti con i clan

SCAFATI. Dai primi avvisi di garanzia per l’Acse all’affaire Overline. Fino alle perquisizioni del settembre 2015, con la discovery dell’inchiesta a carico della famiglia Aliberti. Da quel momento, il sindaco Pasquale Aliberti, sua moglie Monica Paolino e suo fratello Nello Maurizio finiscono nel mirino della Procura Antimafia di Salerno, con l’ipotesi di reato di scambio elettorale politico-mafioso per tutti e tre.

Dopo le dimissioni dalla commissione anticamorra regionale della Paolino, le fasi successive puntano a Palazzo Mayer, ricostruendo una fitta rete di rapporti riconducibili in particolare al sindaco, per la Dda sostanziale deus ex machina di un collaudato sistema politico-criminale. Dietro di lui, sempre secondo l’impianto accusatorio degli inquirenti, c’è il clan Loreto-Ridosso, cosca portata avanti dagli eredi dello storico boss Pasquale Loreto e dal gruppo dei Ridosso, con gli eredi designati guidati da Alfonso Loreto, rampollo del capoclan,elemento chiave delle indagini dopo la decisione di collaborare con la giustizia.

Nel corso dell’estate 2016, il gip respinse la richiesta di arresto per i fratelli Aliberti e degli esponenti del clan presentata dalla Procura della Repubblica di Salerno, derubricando le contestazioni senza ravvisare la necessità di misure cautelari. All’appello della procura, il 25 novembre scorso rispose il Tribunale del Riesame accogliendo la richiesta d’arresto della Dda solo per l’ex primo cittadino e rigettando l’istanza formulata nei confronti del fratello, con la sospensione della decisione per l’ex sindaco in attesa del ricorso presentato dall’esponente di Forza Italia in Cassazione. La Procura antimafia subito dopo ha interrogato la Paolino, ricavandone un’audizione negli uffici della Procura di Napoli chiusa con il silenzio e la decisione di non rispondere alle domande del magistrato Vincenzo Montemurro, alla guida delle indagini fin dal principio.

Poi all’inizio del 2017 è arrivata l’attesa decisione del ministero, con lo scioglimento del Consiglio comunale di Scafati e l’insediamento di una commissione prefettizia. Gli Aliberti sono accusati di aver chiesto e ottenuto i voti dai vari clan attivi sul territorio, ai quali avrebbero concesso favori e appalti concretizzando l’infiltrazione e l’accordo criminoso in grado di inquinare la vita pubblica della cittadina. Le elezioni contestate sono le amministrative del 2013, con contestazione di corruzione elettorale aggravata dal metodo mafioso, e di scambio politico-mafioso per le Regionali del 2015, quando per la Procura avrebbe chiesto e ottenuto voti per la moglie, la consigliera regionale eletta in quota Forza Italia, Monica Paolino.

Lapidarie ed evidenti le motivazioni del Tribunale del Riesame: «Aliberti può fare ancora accordi con la camorra, va arrestato perché è ancora sindaco e pertanto nell’adempimento del patto può continuare a erogare illegittimi benefici al clan». I due fratelli sono seguiti da un pool di legali incaricati nei mesi scorsi, gli avvocati Agostino De Caro, Antonio D’Amaro e Giovanni Alicò.

Alfonso T. Guerritore

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