Una crisi senza fine «Perdiamo ogni anno duemila occupati»

In calo l’export, ogni giorno entrano 200mila euro in meno Maglia nera al settore manifatturiero: regge solo nell’Agro

Le esportazioni dalla provincia di Salerno sono diminuite di oltre il 5% con una perdita secca di 72 milioni di euro. Questo è il dato più allarmante che emerge dall’ultimo studio dell’Osservatorio economico della Camera di Commercio, su elaborazione dei dati Istat. Dal 2015, infatti, il valore dei beni e servizi prodotti dalle imprese operanti nella provincia di Salerno è diminuito da 1.097 milioni a 1.025 milioni in un solo anno. In altre parole il tessuto produttivo salernitano ha perso 200mila euro al giorno, tutti i giorni, per un intero anno. La battuta di arresto peggiore si registra nel settore manifatturiero, che rappresenta l’89% di tutte le esportazioni provinciali.

La crisi del manifatturiero. «Qui la crisi ha morso più che dalle altre parti – commenta Anselmo Botte, segretario della Camera del lavoro Cgil Salerno – Il manifatturiero è riuscito a reggere soltanto nell’Agro nocerino sarnese, ma tutto il resto è stato un disastro. L’area industriale di Battipaglia, l’unica ancora in piedi nella provincia di Salerno, ha fatto ricorso agli ammortizzatori sociali dopo la crisi con numeri spaventosi». Il comparto manifatturiero registra infatti un’inflessione nelle esportazione del 6,6%. Nello specifico a soffrire di più il comparto alimentare e bevande, che nel primo trimestre di gennaio-marzo ha visto calare a picco le esportazioni dell’8,6%. Non a caso, come segnala Botte, l’utilizzo degli ammortizzatori sociali nelle aree produttive industriali come quella di Battipaglia, ha avuto un incremento spaventoso: il 900%. «Dalla crisi non si è usciti, c’è ancora una situazione di totale stallo per tantissime aziende. Molte hanno chiuso i battenti». Il dirigente della Cgil cita il caso dell’Essentra, l’azienda che produceva filtri per sigarette, chiusa ormai dal 2014. «Prima ancora ancora era toccato ad Alcatel, Taif, e l’elenco è ancora lungo delle aziende decedute – ricorda Botte – Questa situazione si riflette anche nell’export, e i dati confermano quello che stiamo dicendo da tempo».

Mancano gli investimenti. Negli ultimi cinque anni nella provincia di Salerno sono andati in mobilità, anticamera del licenziamento, 10mila lavoratori. «Abbiamo perso duemila occupati all’anno», sottolinea Botte. I Paesi che hanno retto maggiormente la crisi sono quelli, come la Germania, che hanno investito in innovazione dei cicli produttivi. «Questo dimostra che occorrono investimenti. Se non si investe in occupazione succede quello che i dati sull’export possono segnalare: si perde competitività in quei Paese dove l’innovazione c’è stata, clienti preziosi che richiedono standard qualitativi dei prodotti molto alti». L’ipotesi di Botte sembra essere confermata dagli stessi dati della Camera di Commercio che sottolineano come le esportazioni siano calate maggiormente verso l’America (-8%), i Paesi membri dell’Unione europea (-18%), e nel Medio Oriente, dove ci sono i così detti “clienti di eccellenza”, come gli Emirati Arabi, dove dal 2015 abbiamo perso il 13,9% delle esportazioni. «Noi non abbiamo uno straccio di politica industriale da moltissimi anni, un disegno che premi le aziende che investono realmente in innovazione. Trovo siano inutili quei provvedimenti a pioggia per tutte le aziende, indipendentemente che siano virtuose o che non producono niente», rimarca Botte.

Il problema multinazionali. Uno dei maggiori problemi del tessuto economico industriale della nostra provincia sembra essere anche quello delle multinazionali. «Sono arrivate e continuano ad arrivare sul nostro territorio percependo enormi finanziamenti pubblici. Restano per poco tempo senza investire e poi vanno via creando disastri come nel caso dell’Essentra, dell’Alcatel ma anche dell’Agc», riferisce Botte. A Buccino c’è un’area industriale che potrebbe occupare dalle duemila alle tremila unità. Attualmente ci sono 18 aziende in produzione, di queste solo poche superano i 40 addetti mentre tutte le altre sono piccole imprese, per un’occupazione complessiva di circa 400 unità: un deserto. A detta di Botte, oltre ad un’urgente politica industriale, serve quindi necessariamente una nuova normativa che impedisca alle grandi multinazionali di sfruttare i finanziamenti pubblici per poi poter andare via dopo cinque anni, come previsto oggi dalla legge.

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