Un tuffo nel cuore di Conca tra insenature e scalinatelle

Sentieri verdeggianti e calette da riscoprire inseguendo la costa selvaggia E per i golosi irrinunciabile la sosta per gustare la sfogliatella Santarosa

Benvenuti nella terra delle cupolette a guanciale e delle janare, della Santarosa e del profumo di limoni, del mare blu e delle chiese a strapiombo su un panorama mozzafiato. Conca dei Marini è a pieno titolo uno dei borghi più belli d’Italia, perchè ha saputo custodire intatta la magia dei vecchi pescatori della marina e il tocco glamour dato - in particolare tra gli anni Sessanta e Settanta - dai suoi visitatori illustri. Come Jacqueline Kennedy, Gianni Agnelli e la regina d’Olanda. L’antica Cossa dei Tirreni divenne colonia romana nel 481 a.C. confermando nei decenni il prestigio della sua marina mercantile che ne fece, insieme alla Repubblica di Amalfi, un punto di riferimento prezioso per i paesi del Mediterraneo. Dopo una fase di stallo, i traffici ripreso vigore con la dominazione degli Svevi e degli Angioini, ma la storia di Conca è costellata da numerosi eventi dolorosi per la sua popolazione: nel 1543, tre galeotte turche sbarcarono a Capo di Conca profanando e spogliando dei suoi preziosi arredi sacri la chiesa di San Pancrazio.

Un’altra fase “nera” è quella compresa tra il 1528 e il 1556, quando la peste raggiunse le rive lambite dal mare della Divina. Nel Settecento, uno dei punti forti della sua economia fu la tonnara, unica in tutta la costiera, che ha resistito sull’incantevole spiaggia della marina fino al 1956. E’ di sicuro uno dei luoghi più caratteristici di tutto il borgo, dove sorge la cappella dedicata alla Madonna della Neve, alla quale gli abitanti del posto rendono ancora oggi omaggio con una solenne processione che viene dal mare, celebrata ogni anno il 5 di agosto. La leggenda vuole che l’altorilievo che è posizionato sull’altare, raffigurante la Madonna con il Bambino Gesù, fu trovato dai marinai su una spiaggia ubicata nei pressi di Costantinopoli, dopo il saccheggio della città da parte degli Ottomani. Un altro itinerario da non perdere è la cosiddetta passeggiata a Sant’Antonio, attraverso le scalinate che hanno regalato alla cittadina il nome di “Conca dei gradini”. Come si legge sul sito del Comune costiero, l’escursione inizia dal sentiero che è detto “sotto i pali” o delle “cinque essenze”: quelle della vite, del limone, dell’ulivo, del carrubo e del melograno. Passeggiando si scorgono la chiesa di Sant’Antonio, alias il Duomo di Conca, la chiesa di San Michele ed una edicola bianca, detta la tavola, dalla quale è possibile ammirare le gole di Furore e le scogliere a cui i marinai, nei secoli, hanno affibbiato i nomi della tradizione, come acqua roce, o rummiello, o runghetiello, a senghetella, o funtanone e punta ape.

Tra i siti di interesse da non lasciarsi sfuggire c’è senza dubbio la chiesa di Sant’Antonio, le cui origini risalgono al 1200: ogni 13 giugno accoglie i fedeli. La vera perla di Conca dei Marini è però San Pancrazio, situata su una spianata a forma di nave, detta punta vreca. Le prime tracce dell’edificio religioso risalgono al 1370, ma le sue origini sono sicuramente più antiche. Circondata da un uliveto bellissimo, è celebre anche per la scalinata celebrata sia dai versi del poeta salernitano Alfonso Gatto che dalle tele degli artisti Mario Avallone e Clemente Tafuri. Le tre porte d’ingresso sono decorate con mosaici di scuola ravennate raffiguranti San Pancrazio, Sant’Antonio di Padova e la Madonna del Carmine. Altri due luoghi di incredibile suggestione sono la cosiddetta Torre del silenzio e la Torre di capo Conca. Una visita a Conca non può prescindere da un mini tour tra le acque verdi della Grotta dello Smeraldo, scoperta nel 1932 da un pescatore che ha avuto il merito di far conoscere al mondo un caleidoscopio di luci, bagliori, riflessi, dove il mare e la roccia hanno disegnato, nei secoli, spettacolari bassorilievi (da segnalare la presenza sul fondale di un presepe di ceramica posizionato nel 1956). Un altro simbolo della zona è il convento di Santa Rosa, oggi sede di un prestigioso albergo. La chiesa attigua custodisce il capo di San Barnaba apostolo. Tra le pareti del seicentesco monastero, è nata anche una squisitezza che è ormai diventata un cult per tutti i golosi: la sfogliatella Santarosa. Secondo la leggenda il dolce vide la luce per caso per opera delle suore domenicane del Conservatorio di Santa Rosa da Lima che crearono un impasto farcito con crema, pezzi di frutta secca ed amarene sciroppate. (b.c.)

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