MUSICA E TRADIZIONE

Un museo della canzone napoletanaideato da un postino salernitano

Il sogno di Antonio Bosco, il "custode di un tesoro". Il postino di Penta citato nella Nuova enciclopedia della melodia partenopea curata da Gargano. Dall’incontro con Nino Taranto alla dedica di Giacomo Rondinella. La storia di un collezionista

La canzone napoletana, pur nella sua complessità di comprensione per i non amanti del genere, ha contribuito a conferire lustro all’Italia intera trascinando con sè una scia di significati ricchi di tradizione, cultura e storia tipici della nostra terra. E’ da questo peculiare aspetto che Antonio Bosco, originario di Capo Saragnano (Baronissi) e residente a Penta, frazione di Fisciano, sta cercando di realizzare il suo grande sogno: l’allestimento di un vero e proprio museo permanente della canzone classica napoletana.
Un luogo dove poter conservare intatta per sempre la memoria di coloro che da questo punto di vista hanno eretto Napoli e l’Italia al ruolo di indiscusse protagoniste. A tal proposito il nome di Antonio Bosco è stato riportato alla pagina 640 della sezione collezionisti del secondo volume della "Nuova enciclopedia illustrata della canzone napoletana", opera da poco pubblicata, formata da sette volumi curati da Pietro Gargano, caporedattore del "Mattino" di Napoli.
"Antonio Bosco - si legge nell’enciclopedia - nato a Baronissi nel 1949, portalettere di mestiere dopo essere stato garzone di bar e manovale, fu folgorato dalla canzone in collegio, quando ascolto un compagno cantare "Vurria". Ha, tra l’altro, una passione per Totò ed è stato lui a curare con Vincenzo Mollica, l’opera storica "Le Canzoni di Totò". Ora - continua il documento - abita a Penta, dove ha allestito in casa un piccolo ma prezioso museo della canzone. Mollica lo ha definito il custode del tesoro". «Sono venuto al mondo senza mai e poi mai aver conosciuto mio padre, nemmeno per un istante -racconta Bosco - e questo per me, ancora oggi rappresenta un forte trauma». L’originaria passione per la canzone napoletana è nata nel lontano 1955, all’età di sei anni, mentre ascoltava un programma radiofonico sul secondo canale che trasmetteva canzoni e poesie classiche napoletane dell’Ottocento e del Novecento, curato dal giornalista Giovanni Sarno.
«Un’altra mia grande passione - spiega Bosco - è rivolta al principe Antonio De Curtis in arte Totò, sorta da piccolo quando nel 1955 un signore di Salerno che abitava a Capo Saragnano si rivolse a me dicendomi: "Tu ti chiami Antonio, ma io vorrei chiamarti Totò, come quel grande attore napoletano. Ah! Se un giorno potessi conoscere Totò" e mi posò una mano sulla spalla. Da questo episodio è nato l’amore per Totò e tutta la storia della canzone napoletana».
«L’emozione con i ricordi sono tanti - continua Bosco - ma quello che resta di più nel mio cuore è quando all’età di 15 anni, nel 1964, alla presenza del commendatore Nino Taranto recitai i versi di una lirica del grande poeta drammaturgo don Raffaele Viviani, dal titolo "Fravecature". Il famoso "re da macchietta", Nino Taranto appunto, sentendo recitare i versi si commosse al punto da abbracciarmi forte perché il poeta Viviani era il suo preferito».
Nella sua vita, Bosco, ha sinora conosciuto artisti del calibro di Nino Taranto, Roberto Murolo, Aurelio Fierro, Gino Maringola, Antonio Basurto, Angela Luce, Sergio Bruni, Mario Merola, il poeta Gigì Pisano, Ettore De Mura, autore della prima enciclopedia della canzone napoletana pubblicata nel 1969 e soprattutto Giacomo Rondinella, il suo cantante preferito in quanto collaboratore di Totò. Emblematica al proposito è la dedica che Rondinella ha rilasciato a Bosco il 7 gennaio 1990 dove c’era scritto "Totò, Antonio Bosco e Giacomo Rondinella Tutta una Cosa, Tutta un’Anima, Tutto un Mondo". Il nome di Bosco è stato riportato anche in un importante libro pubblicato nel 1990 intitolato "Roberto Murolo, la Storia di una Voce, la Voce di una Storia", curata da Gianni Cesarini, che tratta la storia della canzone napoletana ripercorrendo le orme di uno dei suoi massimi esponenti a livello mondiale. Eredi di questo immenso patrimonio culturale sono i tre figli di Bosco, Michele, Claudio e Anna, col primo che è anche impegnato in prima persona nella messa in scena di opere teatrali.
Mario Rinaldi