Un anno da ricordare con papa Francesco

«Fratelli e sorelle, buona sera!». Così il 13 marzo del 2013 annunciò la sua “rivoluzione”. Da allora la Chiesa è in continuo cambiamento

«Fratelli e sorelle, buona sera!». Ecco le prime 5 semplici parole che hanno cambiato il corso della storia della Chiesa cattolica. Cinque semplici parole pronunciate da un uomo vestito di bianco con un evidente accento sudamericano dalla Loggia delle Benedizione della basilica di San Pietro poco dopo le 20,30 del 13 marzo 2013. Un anno fa.

Quell’uomo era Jorge Mario Bergoglio, il cardinale argentino che il Conclave un’ora prima aveva posto sul soglio di Pietro come successore del dimissionario Benedetto XVI, autore - quest’ultimo - di un gesto traumatico ed inaspettato, dotato di indubbio coraggio, come fu appunto la rinuncia alla guida del pontificato, che di fatto avrebbe aperto la strada a chi, dopo di lui, avrebbe ridato una salutare sferzata energetica al cammino della Chiesa nel mondo. Un cammino, fino alla vigilia del 13 marzo scorso, diventato pericoloso, accidentato, pieno di tranelli e trabocchetti a causa di una valanga di polemiche che negli ultimi tempi si erano abbattute sulle gerarchie cattoliche, a partire dai suoi uomini, preti, vescovi e cardinali colpiti, alcuni di essi, da accuse infamanti come pedofilia, nepotismo, carrierismo, corsa al potere, collusioni col potere socio-politico e finanziario. Accuse che fu lo stesso cardinale Joseph Ratzinger a sollevare nel commento alla Via Crucis del 2004, un anno prima della sua elezione papale, quando parlò della “sporcizia” che nel corso degli ultimi anni aveva reso traballante la navigazione della Barca di Pietro.

Otto anni dopo, Ratzinger con la sua rinuncia spalanca, di fatto, la strada all’avvento di papa Bergoglio, «il vescovo di Roma venuto dalla fine del mondo», come lo stesso successore di Benedetto XVI disse la sera del 13 marzo, sorprendendo tutti - cattolici e non cattolici, credenti e non credenti - per la sua semplicità, per un sorriso spontaneo e accattivante, per un modo di parlare diretto ed essenziale, entrando nei cuori e negli animi di chi lo ascolta. «Buona sera a tutti!», replicò un anno fa, chiedendo (altra sorpresa) a chi lo ascoltava di «pregare per me» con le orazioni, ma anche con il silenzio. Ed infatti, la prima apparizione pubblica culminò con un suggestivo minuto di silenzio che il nuovo Papa trascorse con la testa china verso il popolo come a voler essere benedetto da tutti, vicini e lontani (non solo da un mero punto di vista geografico).

E da allora il cammino della Chiesa non è stato più come quello di prima. Sono tante le parole, i gesti e le scelte che in appena 12 mesi di pontificato hanno segnato l’opera di papa Bergoglio. A partire dalla scelta del nome, Francesco, il primo Papa della storia della Chiesa a volersi chiamare come il Poverello di Assisi. Un nome che è tutto un programma. Come dimostrò lui stesso nella prima udienza pubblica concessa ai giornalisti nell’aula Paolo VI in Vaticano, quando confessò di volere «una Chiesa povera, per i poveri, vicina ai poveri». Ma anche quando scelse di non abbandonare la semplice croce di ferro pettorale, rinunziando a quella d’oro che gli era stata preparata dai responsabili pontifici addetti alla cura della sua persona. Niente oro, ma anche niente super appartamento pontificio di oltre 300 metri quadri del Palazzo Apostolico, scegliendo di vivere in comunità nell’Ospizio di Santa Marta.

Francesco, un Papa venuto dalla fine del mondo, che si è subito integrato nella vita della Chiesa papalina con la sua personalità, il suo carattere, la sua voglia di stare in mezzo alla gente, anche i lontani e i non credenti. Un Papa - il primo gesuita della storia, il primo dell’America Latina, il primo a chiamarsi Francesco - che ha cambiato il volto della Chiesa cattolica riportandola al centro dell’attenzione universale, facendola diventare punto di riferimento universale, ascoltata da semplici uomini e donne della strada, ma anche da politici di tutte le tendenze e, persino, da chi, per scelte non eccessivamente in linea con la morale cattolica (coppie di fatto, coppie omosessuali, divorziati risposati), lo sentono vicino, come un padre pieno di misericordia e di attenzione. Un padre che ha avuto il coraggio di dire «ma chi sono io per giudicare una persona omosessuale che si vuole avvicinare sinceramente alla fede di Cristo». Più che un Papa, un padre, ma che in 12 mesi ha avuto anche la determinazione ad avviare quella lunga e necessaria operazione di pulizia e di rinnovamento nel governo della Chiesa e del Vaticano, nominando un nuovo segretario di Stato, il neo cardinale Pietro Parolin, una commissione di 8 cardinali che stanno studiando tempi e modi per riformare la Curia, ma anche una seconda commissione per riformare lo Ior (Istituto per le opere di religione). Quanto alla lotta alla pedofilia, ha varato una struttura di contrasto e controllo presieduta da un cardinale.

Ma, per ora, le più grandi attese sono legate al Sinodo sulla famiglia del prossimo mese di ottobre, quando al vaglio dei padri sinodali ci sarà un tema di grande impatto sociale, l’eventuale ammissione ai sacramenti dei divorziati risposati e una pastorale più accogliente ed umana per quei cristiani che, per svariati motivi, hanno dato vita ad unioni di fatto o a convivenze tra persone dello stesso sesso.

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