Un altro pentito parla dei politici

Gianluca Principale: «Gambino è un burattino di Michele D’Auria Petrosino»

PAGANI. C’è un altro malavitoso nella lista di collaboratori che attende la decisione sul rinnovo del dibattimento al secondo grado del processo “Linea d’Ombra”. È il ventiseienne angerse Gianluca Principale, che racconta di una cena elettorale al ristorante di Pagani “I giardini di Manu”, poco prima del voto del 2007, dove, a suo dire, avvenne la prima “parlata”, una sorta di comizio pubblico seguito da una cena ristretta. Nella quale venne fuori il nome di un candidato nella lista del “triciclo”, a sostegno di Gambino, che per Principale seguiva alla lettera le decisioni di Michele Petrosino D’Auria.

«Vincenzo D’Amato era un uomo scelto da Petrosino Michele. Gambino è un burattino, dottore, un burattino di Michele D’Auria». «E questo lei come lo fa a sapere?». «E come lo faccio a sapere. . . Fa tutto quello che dice lui. Cioè lui era il sindaco ma pure alla cena esprimeva tutto Michele D’Auria. Gambino era solo una presenza. E poi in pubblico giustamente parlava lui perché comunque era il sindaco. Ci fu anche un’altra “parlata”, io non ricordo le elezioni, al Palazzurro, mi sembra. E lì c’erano proprio tutti. Francesco Fezza, Gino Fezza, Andrea De Vivo, Michele Petrosino D’Auria, venne Cosentino, se non mi sbaglio». «Ma è certo della presenza di Antonio D’Auria Petrosino», chiede ilpm. «Sì – risponde Principale - è stato pochissimo, un quarto d’ora, dieci minuti. Perché lui è molto furbo. Là è come se fosse un patto tra i due fratelli, uno deve stare sempre fuori».

Quando Montemurro chiese perché fosse trascorso tanto tempo per le dichiarazioni, la risposta fu chiara: «Perché è stata minacciata la famiglia di mia moglie, mio suocero, da Antonio Petrosino D’Auria e da Daniele Confessore. Il giorno prima che testimoniavo al “Taurania”. Al bar di Vanacore Francesco, in viale Trieste».

Intanto Massimo D’Onofrio, consigliere comunale di Pagani, rispedisce per il secondo giorno consecutivo al mittente le accuse che gli sono state rivolte da Alfonso Persico, imprenditore edile diventato collaboratore di giustizia: «Lo Stato deve difendere le persone oneste dagli sciacalli. Un imprenditore fallito che, a quanto pare, deve soldi a tanti paganesi, e per salvarsi dai debiti si è dichiarato “pentito”. Lo Stato paga uno stipendio con i soldi di contribuenti onesti a un fallito e “truffaldino”. I miei legali - ribadisce D’Onofrio - e in particolare l’avvocato Carlo De Martino, hanno avuto preciso mandato per denunciare per calunnia i responsabili di tali dichiarazioni».(a. t. g. e g. v.)

©RIPRODUZIONE RISERVATA