Ucciso per errore, arrestato il mandante

Antonio Cesarano, affiliato al clan Sorrentino attivo a Scafati, in manette per l’assassinio di Nicola Nappo a luglio del 2009

NAPOLI. Nicola Nappo fu ucciso per errore, proprio come Pasquale Romano: ieri, a distanza di tre anni, almeno il mandante dell’omicidio ha un nome e un volto. Si tratta di Antonio Cesarano, 32 anni, affiliato al clan Sorrentino o «dei campagnoli», attivo nella zona di Scafati: i carabinieri del gruppo di Torre Annunziata gli hanno notificato un’ordinanza di custodia cautelare. Il delitto avvenne a Poggiomarino la sera del 9 luglio 2009. I sicari scambiarono Nicola per Carmine Amoruso, un pregiudicato legato al clan Giugliano che dei Sorrentino è rivale. A indurli in errore, oltre alla somiglianza fisica tra i due giovani, fu il fatto che Nicola era in compagnia di Luana, una ragazza che fino a pochi giorni prima aveva avuto una relazione con Carmine Amoruso. Come sottolinea nell’ordinanza il gip Ludovica Mancini, Nappo dunque morì perchè si trovava «al posto sbagliato nel momento sbagliato».

Dalle indagini è emerso che Amoruso era stato condannato a morte per la lite, avvenuta alcune settimane prima, con Sebastiano Sorrentino, figlio del boss Giuseppe. Era consapevole di essere in pericolo e girava con un giubbotto antiproiettile. Antonio Cesarano non solo diede l’ordine di ammazzarlo, ma prestò anche la propria auto ai killer (rimasti per il momento sconosciuti). A ricostruire l’accaduto è lo stesso indagato, in alcune conversazioni avvenute in carcere con i familiari e intercettate dagli investigatori. Cesarano spiega di aver dato a un altro affiliato l’incarico di rubare un’auto da consegnare ai killer, ma di essere poi stato costretto a mettere a disposizione la propria vettura quando la persona cui si era rivolto venne meno. Racconta anche di aver confessato l’accaduto a un sacerdote, il quale però gli rifiutò l’assoluzione considerando il suo un peccato mortale. Ad accusare Cesarano è anche Carmine Amoruso, la vittima mancata, che nel frattempo è diventato collaboratore di giustizia.

Sull’arresto di Cesarano, il procuratore, Giovanni Colangelo, ha deciso di organizzare una conferenza stampa per dare un segnale ai familiari delle vittime innocenti della camorra: «Questa vicenda dimostra che la Procura e la polizia giudiziaria non dimenticano l’omicidio delle persone innocenti, ma continuano a indagare fino a quando il caso non è risolto». Il riferimento è all’omicidio di Pasquale Romano, assassinato nelle scorse settimane in via Marianella a Napoli: «Il nostro impegno per risolvere anche questo caso è fortissimo». Quindi una constatazione amara sull’omertà che non aiuta le indagini: «Ci sono casi in cui possiamo contare solo sulle nostre forze».