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Ucciso dall’uranio impoverito: il Tar boccia di nuovo il Ministero

SALENTO. Morì di leucemia a 23 anni, dopo aver partecipato alla missione di pace Nato “Joint Guardian” nell’ex Jugoslavia: il Tar nomina un commissario per il riconoscimento della causa di servizio...

SALENTO. Morì di leucemia a 23 anni, dopo aver partecipato alla missione di pace Nato “Joint Guardian” nell’ex Jugoslavia: il Tar nomina un commissario per il riconoscimento della causa di servizio dell’infermità. Luca De Marco, originario di Salento, nel 2002 si era arruolato nell’Esercito ed assegnato al reparto comando e supporti tattici “Pinerolo” della caserma” Vitrani” di Bari. Dal 7 dicembre 2002 al 12 gennaio del 2003, fu inviato a Durazzo, in Albania, per partecipare alla missione militare per la pacificazione nell’ex Jugoslavia.

In particolare fu impiegato nella squadra “stendimento fili” con il compito di garantire le comunicazioni per gli aspetti logistici e delle trasmissioni. Luca operava in condizioni di forte degrado ambientale ed igienico, esposto alle intemperie e al freddo e, soprattutto al pericolo dell’uranio impoverito utilizzato un alcuni armamenti. Tornato dalla missione fu sottoposto agli esami di routine che rivelarono la malattia. Il giovane militare che iniziò a girovagare tra ospedali e cliniche private sperando in un miracolo. Nulla da fare. Luca morì il 9 agosto del 2004. I familiari chiesero subito giustizia: interrogarono la Difesa per il riconoscimento della morte per causa di servizio. Ma la risposta fu no: «L’infermità sofferta dal militare non dipendente da causa di servizio».

I familiari impugnarono il provvedimento del Ministero e il 10 ottobre del 2013 il Tar di Salerno accolse il ricorso, obbligando la Difesa «a verificare nuovamente e compiutamente le effettive condizioni ambientali ed operative in cui ha prestato servizio il caporale e valutare la rilevanza causale che tali condizioni hanno potuto assumere ai fine della malattia e del decesso del militare». Passano due anni, e il Ministero respinge di nuovo la richiesta dei familiari poiché “nel periodo di tempo prestato dal De Marco come militare non risulta essere stato esposto all’uranio impoverito».

Ma le motivazioni del Ministero non hanno convinto i giudici del Tar poichè “non sembrano supportate da idonee verifiche istruttorie”. I giudici specificano che “una compiuta indagine intesa ad accertare l’utilizzo in una determinata area geografica di munizioni a base di uranio impoverito da parte di eserciti, regolari ed irregolari, non può essere circoscritta agli atti del Comando militare intervenuto con finalità di pacificazione e demilitarizzazione del territorio”. “In secondo luogo – aggiungono i giudici - non è chiaro se, nell’escludere l’utilizzo di uranio impoverito, l’Amministrazione abbia inteso fare riferimento alle sue attività operative o anche a quelle di altri gruppi armati”.

Insomma tutto da rifare. I giudici del Tar il 27 ottobre scorso hanno richiesto la nomina di un commissario ad acta nella persona del Direttore del Dipartimento di Medicina e Chirurgia dell’Università degli Studi di Salerno affinché verifichi nuovamente e compiutamente il nesso tra le condizioni ambientali ed operative in cui ha operato De Marco e la sua malattia.

Vincenzo Rubano

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