Salerno

Uccisero l’attivista di destra Sergio Rossi, condannati

il rumeno Fanel Gurlea dovrà scontare 25 anni, quattro alla complice. Aperta un’inchiesta sulle minacce ai testimoni

SALERNO. Uccisero l’attivista di destra Sergio Rossi per rapinarlo di pochi spiccioli e del telefono cellulare. La corte di Assise di Salerno (presidente Giancarla D’Avino) ha condannato a 25 anni il rumeno Fanel Gurlea. Quattro anni e quattro mesi, invece, è la pena per la complice, la connazionale Elena Bot, che risponde di favoreggiamento. La coppia di mendicanti, che cercava l’elemosina tra piazza Mazzini e piazza Ferrovia, aggredì la vittima in corso Vittorio Emanuele. Una rapina finita nel peggiore dei modi per il pm Roberto Penna che, nella requisitoria, aveva chiesto trent’anni di reclusione per Gurlea e cinque per la Bot. Sergio Rossi fu trovato in una pozza di sangue sotto i portici del corso cittadino il 28 settembre 2012. I testimoni - sentiti durante il dibattimento, raccontarono di aver visto proprio i due rumeni allontanarsi dal luogo del delitto. Rossi morì una settimana dopo il pestaggio in ospedale. Le sue condizioni erano gravissime. Aveva il cranio fratturato ed emorragie cerebrali che lo portarono al decesso. Per la morte dell’attivista di destra furono condannati in primo grado Gurlea con l’accusa di omicidio e rapina aggravata, e la Bot perché, secondo l’accusa, procurò al connazionale i soldi per fuggire in Romania e ricevette da lui il telefono cellulare sottratto alla vittima. L’accusa ha sostenuto che le prove dell’omicidio erano anche nelle conversazioni telefoniche intercettate in fasi di indagini, soprattutto colloqui tra Gurlea e la sorella della complice dal tenore dei quali emerge lo stato di agitazione per l’accaduto. Dal telefonino dell’attivista politico, inoltre, partirono nell’immediatezza dei fatti due chiamate verso un’utenza rumena che - ha spiegato il pm Penna nel corso del dibattimento - apparteneva alla sorella di Elena Bot. I familiari di Rossi si sono costituiti parte civile, assistiti dall’avvocato Michele Sarno.

Gli imputati, invece, sono stati difesi dagli avvocati Lucia Miranda e Pierluigi Spadafora. Il pm Penna ha chiesto inoltre la trasmissione degli atti in Procura per due fratelli di Gurlea, che prima di una delle ultime udienze avrebbero avvicinato tre testimoni. Secondo la ricostruzione, Domnel e Nicosour Gurlea avrebbero contattato i testi con espressioni che potevano risultare intimidatorie. (m.l.)

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