«Uccise l’amante»: ok all’arresto

Omicidio Ricco, accolto l’appello del pm contro il 49enne di Pontecagnano

PONTECAGNANO. Per l’accusa uccise Maria Ricco e gli dette fuoco: ora il presunto omicida e amante rischia gli arresti domiciliari. Il Riesame ha accolto il ricorso del pm Roberto Penna contro l’iniziale richiesta di misura cautelare rigettata dalla Corte di Assise. S. A., 49 anni, di Pontecagnano, difeso dall’avvocato Michele Sarno, può appellarsi ancora alla Cassazione.

La misura ai domiciliari infatti non è esecutiva: ma è un punto a favore dell’accusa che sostiene la tesi dell’omicidio d’impeto. Per i giudici del Riesame (relatore Giuliano Rulli), il movente prospettato dall’accusa è “altamente verosimile”. Fin dall’inizio delle indagini, il pm Penna non si è fermato all’ipotesi di suicidio, cercando nelle ultime ore di vita della donna, 53 anni, di Santa Tecla di Pugliano, bracciante agricola, la verità di quell’orribile delitto.

I resti di Maria Ricco, sposata e madre di due figli, furono trovati nella Hyundai i10, rinvenuta carbonizzata nella campagna sotto l’abitato di Faiano. Era il 25 luglio 2012. Ad ucciderla – sostiene l’accusa – fu il 49enne di Pontecagnano col quale la donna, com’è scritto nelle carte processuali, aveva una relazione extraconiugale. La sera del 16 luglio la vittima e il suo assassino si incontrarono in quella località isolata, quella del ritrovamento del cadavere, non lontano dal cimitero. La Ricco forse minacciò di rendere pubblica la loro relazione sentimentale. La sola ipotesi di essere scoperto – sostiene la procura – portò l’uomo, preso da un raptus, ad uccidere la donna. La morte potrebbe essere avvenuta per strangolamento. Sull’operaio di Pontecagnano pesano i tabulati telefonici del giorno in cui la donna scomparve e alcune conversazioni intercettate subito dopo il ritrovamento del cadavere.

Contro la decisione del Riesame, che ha accolto la richiesta di misura cautelare, disponendo i domiciliari per l’uomo, la difesa dell’operaio è già al lavoro per preparare il ricorso in Cassazione, per l’annullamento dell’ordinanza.

Massimiliano Lanzotto