la rabbia dei pendolari

«Tre ore per spostarsi di cinquanta chilometri»

SALERNO. «Stavamo fermi sulle banchine come dei disperati, senza sapere se e quando sarebbe passato un treno qualunque che ci avrebbe portato a casa. E nessuno, ripeto nessuno, si è preoccupato di...

SALERNO. «Stavamo fermi sulle banchine come dei disperati, senza sapere se e quando sarebbe passato un treno qualunque che ci avrebbe portato a casa. E nessuno, ripeto nessuno, si è preoccupato di darci una benchè minima spiegazione sull’assenza di collegamenti per Salerno. Strafottenza pura». Parla con veemenza Maria Iniziato, una dei tanti pendolari che martedì pomeriggio, a sciopero del personale ferroviario ormai concluso, dopo aver perso per un pelo il regionale delle 18.20 che da Torre Annunziata l’avrebbe portata fino a Pontecagnano, dove abita, è rimasta in stazione fino alle 20. Risultato? «Sono uscita da lavoro alle 18 – racconta la donna – e ho messo piede a casa alle 21.30. Tre ore e mezza per compiere 50 chilometri. Assurdo. E vergognoso».

Che quella di martedì scorso sarebbe stata una giornata difficile per chi, ogni giorno, per lavoro o per studio, si reca a Napoli, o nel suo hinterland, partendo da Salerno o dalla sua provincia, lo si sapeva fin dall’inizio. Ad annunciare otto ore di disagi, dalle 9 alle 17, era stato, infatti, sia il personale mobile che quello addetto alla tutela della clientela di Ferrovie dello Stato, di Ntv (Nuovo Trasporto Viaggiatori)e di Trenord. Ciò che non era prevedibile, invece, è stata la lunga attesa dei viaggiatori nelle stazioni tra Napoli e Salerno provocata da un “buco nero” che ha inghiottito i collegamenti previsti dalle 18.30 alle 20.

«Sono arrivata in stazione poco dopo la partenza del regionale delle 18.20 – racconta Maria, che normalmente si serve della cosiddetta “linea storica, quella che segue il tragitto Napoli - Campi Flegrei - Salerno – ma ero tranquilla perchè alle 18.40 era previsto un altro treno che non è mai passato. “Ok”, mi sono detta, “sarà colpa dello sciopero, staranno smaltendo i ritardi accomulati, portiamo pazienza”.

Con lei, sulle banchine della stazione di Torre Annunziata, almeno altri dieci compagni di sventura, un numero irrisorio rispetto a quanti probabilmente si trovavano a Napoli Centrale nella stessa situazione.

Arrivano le 19.21, orario in cui sarebbe dovuto passare un altro regionale. Alle 19.30 tutto tace. A quel punto si punta tutto sull’altro treno delle 19.42 ma anche quello salta, come anche i nervi dei passeggeri in stazione, troppo pochi per creare lo scompiglio che un disservizio del genere avrebbe meritato. Personale non se ne vede, gli altoparlanti tacciono, non un dipendente di Ferrovie che si fosse azzardato a dare qualche informazione, o meglio, qualche giustificazione per una situazione al limite del tollerabile. Niente. I passeggeri vengono lasciati a loro stessi, all’oscuro di tutto quello che sta avvenendo sui binari che passano per Torre Annunziata e che poi proseguono verso sud, verso casa.

«In stazione erano presenti alcuni capotreni ma sinceramente non so impegnati a fare cosa visto che, pur vedendoci in pena sui binari, non si sono mai avvicinati per dirci da che cosa potesse dipendere un ritardo così vergognoso», continua a raccontare la pendolare con tono sdegnato.

Morale della favola: Maria, come tutti gli sfortunati clienti di Trenitalia che martedì pomeriggio non hanno avuto la possibilità di usare mezzi alternativi al treno per tornare a casa, hanno sprecato tre ore della loro vita per coprire una distanza per la quale si impiega normalmente poco più di mezz’ora.

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