Tre errori in un verbale, rovinato dall’Inps 

Il codice fiscale non è il suo, la carta di identità è di un altro e l’indirizzo riportato non esiste. Il caso di Vincenzo Di Fabio

Ci sono vicende umane che, a sentirle raccontare, sembrano essere una sorta di incomprensibile concentrato di sfortuna. Se, però, si analizzano a fondo i fatti emerge come non ci sia lo zampino di un perverso disegno della Sorte, bensì una catena di errori e lungaggini umane e burocratiche. Superficialità e approssimazione che, nei grandi numeri – forse – non hanno peso, ma che, nella dinamica di vita di una persona possono essere l’ennesimo atto di ingiustizia. E, tristemente esemplare, è il caso del signor Vincenzo Di Fabio che da giugno è in attesa di un verbale dell’Inps che gli consenta di procurarsi gratis le medicine che gli occorrono per curarsi da una malattia con la quale sta combattendo. La commissione ad hoc si è riunita all’inizio dell’estate e ha riconosciuto al signor Enzo l’invalidità al 100 per 100 (in peggioramento rispetto al 67 per cento che gli era stato riconosciuto dopo essere stato travolto da un pirata della strada), senza accompagnamento.
L’atto fondamentale che viene emesso da questa commissione tecnica è un verbale che, in originale, deve essere recapitato alla persona interessata. Al signor Enzo, però, questo foglio per avere i farmaci gratis e, contestualmente, di avviare il ricorso contro la negazione dell’accompagnamento, non arriverà mai. Preoccupato per l’attesa troppo lunga, infatti, il fratello del signor Enzo è riuscito a vedere una copia di questo fantomatico verbale e si è accorto che in quell’atto il codice fiscale non è il suo, la carta d’identità di un altro signore, è riportato un intervento chirurgico che lui non ha mai fatto e l’indirizzo riportato non esiste.
Qualche impiegato dell’Inps, probabilmente, ha sovrapposto due pratiche diverse con il risultato di aver messo in seria difficoltà, forse, ben due persone. Svarioni non da poco perché ora, il signor Enzo si trova con le mani legate: «All’Inps hanno spiegato a mio fratello che serve l’originale o non si può fare ricorso. Intanto – aggiunge – con i dati sbagliati, anche avendo una copia del verbale, il medico non può inserire nel sistema dati falsi perché rischia di passere guai per truffa. E io – insiste particolarmente alterato – sono costretto a spendere tra i 50 e i 60 euro di farmaci alla settimana che avrei diritto a non pagare».
Medicine che si aggiungono a quelle che il signor Enzo, rimasto vedovo dopo che la moglie è stata colta da un malore mentre era al supermercato, deve comprare al figlio, anche lui invalido al 100 per cento. E non finisce qui, perché, al danno, nella storia del signor Enzo si aggiunge anche una terribile beffa. Da marzo, quindi da otto mesi, sta attendendo che, dopo otto anni di istruttorie, perizie e verifiche, un giudice emetta la sentenza definitiva che gli dà accesso al sostegno economico del Fondo per le vittime della strada.
«Sono pronto a chiedere all’Inps i danni economici, morali e civili – precisa il signor Di Fabio – ma la mia battaglia non finisce qui. La mia vita, quel poco che rimane, è in mano a un giudice che non capisco perché non vuole, finalmente, che mi sia riconosciuta giustizia. Se non accadrà nulla – minaccia – il 15 novembre chiamerò un’ambulanza privata e mi farò lasciare davanti al Tribunale così i giudici potranno vedere direttamente quali sono le mie condizioni».
Il primo agosto di 8 anni fa, infatti, fu travolto da una Mini Minor mentre era su una stradina campestre di Cappelle per far passeggiare il cane in attesa di un amico. Quella persona che ha, per sempre, cambiato la vita del signor Enzo e della sua famiglia non è mai stato identificato. E lui sarebbe morto soffocato, cadendo con la testa in un rivolo di acqua e melma, dopo essere precipitato da un dirupo, se non fosse stato per la prontezza di un abitante della zona che si precipitò o a soccorrerlo fino all’arrivo dell’ambulanza.
Eleonora Tedesco
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