Salerno

Trasfusione killer Condanna definitiva  a medico e infermiere 

La morte fu causata dallo scambio delle sacche di sangue Annullata la sentenza per altri due medici del Ruggi

SALERNO. Due condanne confermate e altre due annullate per la morte di Gerardo Fasolino, il 75enne di Marina di Camerota a cui furono somministrate per errore le sacche di sangue destinate a un altro paziente. La Corte di Cassazione ha chiuso la vicenda confermando la condanna a 1 anno e 6 mesi del medico ortopedico Luigi La Bella e quella a 1 anno e due mesi dell’infermiere Michele De Fina, i cui ricorsi sono stati dichiarati inammissibili. Sono state invece annullate (senza rinvio alla Corte d’Appello, perché nel frattempo sono decorsi i tempi della prescrizione) le condanne dell’ortopedico Ernesto Prisco e dell’anestesista Stanislao Perciato, che nel giudizio di merito erano stati condannati rispettivamente a 15 e 14 mesi.
Fasolino era stato ricoverato nel reparto di Ortopedia del Ruggi d’Aragona per essere sottoposto a un intervento chirurgico all’anca, ma quando dopo l’operazione ebbe bisogno di una trasfusione di sangue fu presa la sacca sbagliata, quella di un paziente con lo stesso cognome ma ricoverato in un altro reparto e con un gruppo sanguigno incompatibile con quello del 75enne di Camerota. L’incompatibilità scatenò una “Abo”, una reazione immunitaria che portò rapidamente Fasolino alla morte e che per i giudici di merito fu frutto di un concorso di varie reponsabilità. All’infermiere De Fina è stato contestato di aver portato la sacca senza averla controllata con il lettore ottico, che avrebbe rilevato la discrasia tra i dati del paziente e quelli del plasma. L’ortopedico La Bella è stato accusato d aver fatto iniziare la trasfusione senza verificare la corrispondenza del gruppo sanguigno e di non aver vigilato sulla reazione del paziente. Perciato e Prisco intervennero invece dopo che l’anziano era già andato una prima volta in arresto cardiaco e respiratorio, ma neanche loro si accorsero dell’errore e anzi attribuirono il malore a una perdita di sangue post operatoria, per cui ordinarono di accelerare l’infusione di sangue. Poco dopo tutti gli organi vitali del paziente andarono in arresto e non bastarono i tentativi di salvargli la vita nel reparto di Rianimazione, dove Gerardo Fasolino fu portato quando il suo organismo era ormai compromesso.
Con la sentenza della Cassazione, che ha ammesso i loro ricorsi prendendo poi atto della prescrizione, l’anestesista Perciato e l’ortopedico Prisco sono usciti in via definitiva dal processo. Tuttavia la Corte ha espresso anche valutazioni generali sulla colpa medica e ha spiegato che in casi come questi la responsabilità è dell’intera equipe medico-sanitaria che si è occupata del caso. «La cooperazione tra più sanitari – scrivono i giudici della quarta sezione penale – ancorché non svolta contestualmente, impone ad ogni sanitario, oltre al rispetto dei canoni di diligenza e prudenza connessi alle specifiche mansioni svolte, l’osservanza degli obblighi derivanti dalla convergenza di tutte le attività verso il fine comune ed unico, senza che possa invocarsi il principio di affidamento da parte dell’agente che non abbia osservato una regola precauzionale su cui si innesti l’altrui condotta colposa». (re.cro)
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