“Tradita” dalle telefonate e dagli appunti in agenda

Depositate le motivazioni della condanna a 8 anni per l’ex capo della Forestale Determinanti anche le confessioni. Il giudice: «Personaggio spregiudicato»

CAPACCIO. Ha perseguito fini opposti a quelli che avrebbe imposto il suo ruolo, tenendo comportamenti del tutto fuori dalle regole della legalità. Sono questi alcuni elementi fondamentali delle motivazioni della sentenza che hanno determinato la condanna a 8 anni e 4 mesi per Marta Santoro, ex comandante della stazione Foce Sele della Forestale, emessa dal giudice Donatella Mancini. Una condanna cui va aggiunto anche un maxi-risarcimento di 135mila euro e l’interdizione perpetua dai pubblici uffici per concussione, relativa alle tangenti chieste per evitare dei sequestri o anche per consentire di utilizzare dei beni per i quali erano scattati i “sigilli”.

Nelle motivazioni della sentenza al processo con rito abbreviato del 7 marzo scorso, il giudice illustra i punti che avrebbero confermato il quadro delle accuse, sostenute dal pubblico ministero Maurizio Cardea, contestate all’ex capo della Forestale. Tre in particolare: le sue stesse ammissioni, le intercettazioni e un’agenda rinvenuta nella sua abitazione,zeppa di appunti scritti di suo pugno, dove si fanno riferimenti espliciti alle somme chieste e ricevute dalle vittime in cambio di “favori”.

In sostanza, secondo il giudice, Marta Santoro “lungi dal garantire il rispetto della legalità, cosa che la sua funzione le avrebbe imposto, si è dimostrata personaggio spregiudicato, interessato a utilizzare la propria veste professionale per commettere reati...”. Un atteggiamento che ha portato l’ex comandante della Forestale a perseguire “fini diametralmente opposti a quelli cui avrebbe dovuto tendere la sua opera di ufficiale giudiziario”. Peraltro, dalle intercettazioni in possesso degli inquirenti, il “tenore delle conversazioni” della Santoro, apparirebbe “inequivocabile”.

Scagionata rispetto a due dei 17 reati contestati, l’ex comandante della Forestale è stata condannata per concussione, corruzione, tentata violenza privata nei confronti di una serie di imprenditori, alcuni costituitisi parte civile, alla stregua del Ministero delle Politiche agricole.

Proprio al dicastero, Marta Santoro dovrà versare 70mila dei 135mila euro di risarcimento previsti dalla sentenza, mentre i restanti andranno alle parti civili del processo. Ma, contro la sentenza emessa, i legali che assistono l’ex sottoufficiale, cui è stato revocato l’obbligo di firma, hanno già annunciato da tempo un ricorso in appello.(re. pro.)